Corriere della Sera (Roma)

A Quiet Evening... antiquaria­to snob

- Di Franco Cordelli

In scena all’Olimpico per Romaeuropa, A Quiet Evening of Dance di William Forsythe, nato a New York settant’anni fa. Considerat­o dagli esperti un capolavoro della danza minimalist­a, a me sembra, nel senso ultimo, non dissimile dalla riproposta de La rivolta degli oggetti da parte della Gaia Scienza. Lo spettacolo è diviso in due tempi. Il primo su musica di Morton Feldman (poche note dopo lungo silenzio, sempre ripetute e ai limiti dell’udibile) è strutturat­o su apparizion­i di uno, due o tre ballerini. Compiono gesti elementari, si direbbe più con le braccia che con le gambe o con il corpo intero. Le braccia si muovono davanti al petto o si levano in alto. Mostrano i loro colori: giallo, rosso, viola. Li si potrebbe pensare contrappos­ti. Vi è tra alcuni e gli altri un’allusione di tipo antagonist­a – come tra ricchi e poveri (i poveri sono quelli là in terra, contorti su sé stessi, quasi sofferenti). Gli stessi squillanti colori tornano nel secondo tempo, ben più movimentat­o e di più alta sonorità. Le musiche sono di Jean Philippe Rameau e i corpi muovono passi di danza di continuo multiformi, eccentrici, imprevedib­ili. Questo secondo tempo, dal misterioso titolo Seventeen/Twenty One è di gran lunga più piacevole, non per nulla punteggiat­o dai continui applausi del pubblico ad ogni cambio delle brevi scene. L’insieme tuttavia offre l’impression­e di un elegante e snobistico antiquaria­to. Anche noi, che esperti non siamo, è come avessimo già cento volte visto ciò che altro fine non ha se non la perfezione formale del movimento.

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Un momento di «A Quiet Evening of Dance», di William Forsythe
Danza Un momento di «A Quiet Evening of Dance», di William Forsythe
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