Il nuovo sito? Scelta contraria alle norme Ue
Ecosì dopo mesi di scaricabarile, ordinanze, minacce di commissariamento, dichiarazioni bellicose, e, soprattutto dopo mesi di crescente degrado per i cittadini, si è trovata una soluzione condivisa: si farà una nuova discarica e, nel frattempo, i rifiuti romani andranno fuori dal Lazio.
Soluzione che lascia perplessi se si considera che la normativa comunitaria e italiana impone di rispettare una precisa scala di priorità. Al primo posto la riduzione alla fonte (il miglior rifiuto è quello che non viene prodotto), al secondo il riciclo, il riutilizzo ed il recupero come materia, senza mutamento di stato; al terzo, il recupero con produzione di energia (in cui rientrano i cosiddetti termovalorizzatori). E, all’ultimo, la discarica e gli inceneritori senza recupero di energia.
Tanto è vero che le direttive europee prevedono che entro il 2025 almeno il 55 per cento dei rifiuti urbani (sia domestici sia commerciali; 65 per cento di imballaggi) dovrà essere riciclato; obiettivo che salirà al 60 per cento nel 2030 e al 65 per cento nel 2035. Mentre la quota di rifiuti urbani in discarica dovrà diminuire fino a non superare il 10 per cento entro la stessa data.
La discarica, quindi, è destinata ad un ruolo solo marginale e residuale, come già avviene in paesi come Austria, Belgio, Danimarca, Germania, Olanda e Svezia. Anche perché, in caso contrario, si rischia di depotenziare le opzioni meno inquinanti che la precedono: soprattutto il riciclo, strettamente dipendente dalla quantità e qualità della raccolta differenziata, non a caso oggi in vertiginosa discesa.
Forse, allora, sarebbe stato meglio scegliere, riducendolo allo stretto necessario e velocizzando al massimo l’iter procedurale, il «male minore» della termovalorizzazione che, quanto meno, produce energia. Ed utilizzare, nel frattempo, centri di stoccaggio non definitivi, potenziando al massimo riciclo, compostaggio, e riduzione di imballaggi e plastiche monouso.
Anche perché, prima o poi, anche questa nuova discarica si esaurirà e resterà sul nostro territorio con il suo carico di veleni. Con la conseguenza, stabilita per legge, che dovrà essere tenuta sotto controllo per i successivi 30 anni.
E, soprattutto: da Malagrotta 1 a Malagrotta 2?