Rave alla Sapienza, 22 indagati
Il pm: impedirono di sbarrare i cancelli. Le notti brave all’università e la tragedia di Francesco Ginese Sono studenti tra i 20 e i 35 anni. Per il «Teppafest» del 2018 l’accusa è violenza privata
Ventidue ragazzi, fra i 20 e i 35 anni, sono indagati per il reato di violenza privata per il rave fuorilegge «Teppafest» nella Sapienza la sera del 20 aprile 2018. Secondo l’accusa gli indagati avrebbero impedito la chiusura dei cancelli. L’inchiesta del pm Erminio Amelio era partita dalla denuncia del rettore Gaudio. Ma quella festa era una delle tante organizzate in ateneo. E la sera del 21 giugno 2019 Francesco Ginese, 26 anni è morto infilzato in un cancello mentre cercava di scavalcare per partecipare a un altro rave.
Feste abusive alla Sapienza: la Procura ha chiuso l’indagine sul «Teppafest» del 20 aprile 2018, un rave non autorizzato al quale parteciparono almeno cinquecento persone e che spianò la via a eventi analoghi con le inevitabili performance alcoliche (favorite anche dai prezzi popolari) e una ressa fuori controllo.
Ventidue ragazzi, fra i venti e i trentacinque anni, sono indagati per il reato di violenza privata. Secondo l’accusa avrebbero impedito la chiusura dei cancelli, sia quello pedonale sia l’altro destinato al passaggio dei veicoli, per potersi impadronire degli spazi.
Un gruppo, stando all’avviso di conclusione delle indagini del pm Erminio Amelio, si sarebbe posizionato «davanti alla fotocellula delle barre a livello del cancello d’ingresso ostruendo il funzionamento dei sensori delle fotocellule impedendone la chiusura immediata e ciò al fine di consentire l’ingresso non autorizzato di due furgoni contenenti il materiale necessario all’approntamento della festa non autorizzata, materiale che poi veniva anche da altri soggetti scaricato dai camion per l’uso previsto».
Si tratta di un passaggio importante che assolve i vertici universitari dall’accusa di «tolleranza» nei confronti di queste manifestazioni: di fatto il regolamento prevedeva la chiusura degli accessi al piazzale della Minerva e dunque si dovette ricorrere a un trucco per permettere il viavai di veicoli necessario a preparare la festa. Da qui l’accusa di violenza privata: si forzò, in sostanza, la volontà di istituzioni e vigilanza pur di raggiungere lo scopo, l’allestimento del rave.
Gli approfondimenti della Digos hanno fatto emergere un’organizzazione fortemente strutturata. Tolti gli addetti alla neutralizzazione delle fotocellule del cancello automatico, altri hanno preso parte, con compiti specifici, alla realizzazione dell’evento. Per cominciare alcuni bloccarono con una catena munita di lucchetto «la porta di accesso all’ingresso pedonale dell’università al fine di impedire la chiusura all’orario previsto delle 21.00». Altri si occuparono dell’allestimento abusivo del palco. Altri ancora del
marketing, per così dire, collegato alla festa, affiggendo «i manifesti nei muri perimetrali dell’ateneo per pubblicizzare l’inizio del Teppafest». Chi si occupò di caricare i fusti di birra nei furgoni e di distribuirli in prossimità del palco e chi si posizionò in modo da somministrare le bevande. Chi, infine, collocò «un banchetto davanti all’ingresso
L’organizzazione era molto articolata: alcuni allestivano il palco, altri portavano fusti di birra
principale dell’ateneo per regolare e controllare il flusso di entrata e in uscita delle persone che avevano pagato il biglietto di ingresso di 3 euro». Un modello organizzativo efficace e dunque esportato in seguito. Fino alla festa di fine giugno 2019 nella quale perse la vita il ventiseienne Francesco Ginese, trafitto mentre scavalcava un’inferriata per partecipare al rave. «Siamo tranquilli — dice l’avvocato Francesco Mazara Grimani che assiste uno degli indagati —pensiamo di poter dimostrare l’estraneità del nostro assistito alle accuse».
L’inchiesta era partita dalla denuncia del rettore Eugenio Gaudio che, all’indomani di alcuni party si era detto preoccupato: «Nessun atteggiamento permissivo. Dispiacciono questi eventi: dover ricorrere a superalcolici o altro per divertirsi non è bello e forse ci sono anche infiltrati dall’esterno».