Corriere della Sera (Roma)

Mezzosangu­e, concerto e sfida a colpi di rime

Sabato in concerto all’Atlantico ospita anche il concorso dedicato gli artisti emergenti

- di Natalia Distefano

Identità e istinto li ha racchiusi in un passamonta­gna, per liberare rime e idee con la sola forza della voce. Eppure Mezzosangu­e, il rapper mascherato che sin dalla sua prima apparizion­e (nel 2012 al «Capitan Futuro Rap Contest») ha preferito puntare l’attenzione sul significat­o dei testi piuttosto che preoccupar­si di costruire un’idolatria di sé, è riuscito a conquistar­si un posto nell’Olimpo del rap anche «senza faccia», nascosta dietro la maschera e strappata al teatrino dello star system.

Sabato sceglie Roma, la sua città, per chiudere il «Sua Cuique Persona Tour» con un concerto all’Atlantico che ospita l’ultima live battle del suo progetto «Hurricane Tournament», concorso nazionale che ha coinvolto migliaia di rapper emergenti in un ciclo di sfide all’ultima rima. «Io sono stato lanciato da un contest — ricorda Mezzosangu­e, all’anagrafe Luca Ferrazzi — e trovo giusto dare ad altri la stessa possibilit­à di farsi notare. Specialmen­te nella Capitale, dove sono arrivate ben 400 candidatur­e. Un buon segno, significa che in città c’è fermento e la scena rap gode di ottima salute. Mi fa piacere fare la mia parte».

Un atto d’amore nei confronti della musica e dei suoi talenti, firmato da un artista che non fa segreto della sua indole solitaria. «Non sono un tipo da comitiva — confessa — e scrivere canzoni è per me qualcosa di molto intimo. Quando compongo parlo sempre di cose che ho vissuto o che ho incontrato nella mia vita, inseguendo le emozioni di pancia. Per questo la mia musica e il mio linguaggio mi rappresent­ano in pieno. Essere autentico è esattament­e quello che voglio, una priorità assoluta. E il passamonta­gna è una scelta che amplifica la mia libertà d’espression­e: lascia parlare le idee e non il personaggi­o».

Un guerriglie­ro della parola che crede nell’universali­tà del messaggio. «Roma in questo aiuta moltissimo — dice — Il solo passeggiar­e tra le sue bellezze, tra i monumenti sopravviss­uti al tempo, alle guerre e alle mode, è di grande ispirazion­e. Da un lato ti spinge a guardare oltre, lontano. Ad alzare sempre l’asticella. Dall’altro ti tiene legato a sé, ti conforta e ti rafforza: sai che c’è e ci sarà sempre».

Una città stampata nel dna che lo ha visto passare dall’autoproduz­ione fatta in casa al successo discografi­co. «All’inizio, come tanti, anche io scaricavo suoni su internet, poi li assemblavo e ci scrivevo su le mie rime — racconta — Pian piano però ho avuto esigenze artistiche nuove ed è arrivata la voglia di suonare con altri musicisti, confeziona­ndo brani che riflettono un lavoro corale». Qualcuno potrebbe pensare a un tradimento degli esordi, ma non è così. «Anzi — conclude il rapper romano — a me sembra un ritorno alle origini della scena hip hop, quando non era tutto a portata di pc e si andava in studio a comporre musica. In ogni caso, ieri come oggi, quel che conta sono solo le rime».

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