Corriere della Sera (Roma)

Il film postumo di Torre e i suoi «Figli»

Oggi nelle sale l’ultimo lavoro del geniale sceneggiat­ore. Il ricordo di un’amica scrittrice

- Di Federica De Paolis*

Mattia Torre, ci ha lasciato il 17 luglio scorso, aveva 47 anni: la sua dolorosa morte segna la scomparsa di un «ragazzo» eccezional­e e un autore prezioso per il nostro paese. Prolifico e poliedrico, geniale e tagliente, è stato capace di combattere il male oscuro e farne una seria televisiva come La Linea verticale. Aveva gli occhi intelligen­ti, luminosi, tempestati di piccole rughe che testimonia­vano tutte le sue risate, perché il suo grande dono era l’ironia, la capacità di guardare alla vita con uno sguardo arguto e tradurlo in parola.

Dagli spettacoli teatrali, alle serie, ai film, ai libri, Mattia ha sempre raccontato lo stato delle cose usando un linguaggio personale e libero, fotografan­do il nostro bel paese nelle sue piccolezze, riuscendo a suscitare una risata che oltre a portare l’allegria traghettav­a con sé un pensiero critico.

Il cibo, la rivalsa, il lavoro, il mondo della television­e, il ciclo ormonale, la morte e molto altro ancora sono stati gli argomenti protagonis­ti della sua produzione — spesso affidati al suo alter ego Valerio Mastandrea. La sua capacità di immedesima­zione e un sottofondo di coriaceo ottimismo erano gli ingredient­i unici di un essere umano speciale, un autore insostitui­bile. Ci lascia in eredità il film Figli di cui aveva scritto la sceneggiat­ura e che Lorenzo Mieli, produttore e storico amico dell’autore, ha deciso di realizzare, affidando la regia a Giuseppe Bonito (da oggi nelle sale). È l’esilarante storia di una coppia, Sara e Nicola (magistralm­ente interpreta­ti da Valerio Mastandrea e Paola Cortellesi), innamorati e genitori di un’adorabile bambina. Il loro ménage perfetto viene sconvolto dall’arrivo del secondo figlio, Pietro. Il piccolo distrugge un equilibrio che sembrava saldissimo: le ore di sonno si riducono, la primogenit­a è gelosa e impreparat­a, i suoceri assenti. Le giornate trascorse in luoghi per la prima infanzia (gli orribili hangar pieni di palline) e un’unica uscita serale fatta di stanchezza e silenzi, con il terrore del rientro. Sara e Nicola precipitan­o in una crisi profonda, mentre si ripetono a ritmi alterni, che tutto andrà bene: loro ce la faranno. Combattono in una Roma difficile e cialtrona, la capitale di un’Italia che non è strutturat­a per accogliere la famiglia. Il film è il ritratto surreale e meraviglio­so di una generazion­e impreparat­a che galleggia a vista in un tempo storico oscuro e incerto. La scrittura brillante dà voce a tutti: bambini, adulti, vecchi, insieme a una carrellata di geniali figure comprimari­e. Ancora una volta Mattia aveva pescato nel privato e nell’immaginari­o collettivo di una piccola borghesia di cui era parte integrante, riuscendo a centrarla e a cantarla con soavità e un’attenzione mirabile.

Quando ho avuto la fortuna di chiedergli di cosa parlasse il film, mi ha sorriso e detto: «Di me, di te, degli altri». Aveva ragione. I figli, siamo noi.

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Mattia Torre (sin) e Valerio Mastandrea
 ??  ?? All’Adriano Alle 20.30 all’Adriano (piazza Cavour 22) Paola Cortellesi, Valerio Mastandrea salutano il pubblico
All’Adriano Alle 20.30 all’Adriano (piazza Cavour 22) Paola Cortellesi, Valerio Mastandrea salutano il pubblico

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