Morto il barbiere-confessore di Fellini
Pino Rinelli aveva 89 anni: gli tagliava i capelli e il maestro raccontava i suoi segreti
«Lui
non tagliava solo i capelli, amava ascoltare le persone. È così che conquistò Federico Fellini». È morto Pino Rinelli, conosciuto da tutti come il barbiere del grande maestro del cinema italiano. Aveva 89 anni, arrivò a Roma dalla Puglia nel ’43 e a ricordarlo nella storica bottega al civico 129 di via Piemonte è la figlia Sonia. «Era il confessore di Fellini, gli rivelava tutti i suoi segreti, ma non ci ha mai raccontato nulla».
Tra Pino e il maestro c’era un’amicizia vera: «Prima della sua morte, a fargli compagnia in ospedale c’era mio padre». Nel negozio sono appese le fotografie che ritraggono i due insieme e i disegni che Fellini creava mentre Pino gli tagliava i capelli, rigorosamente con pettine e forbici perché «un bravo barbiere non usa mai la macchinetta, era il suo mantra», ricorda malinconicamente Enrico Favorito, suo successore nella bottega.
Le preferiva bambine. Gli piaceva offendere il loro equilibrio, turbare la loro quotidianità. Per lui era una semplice affermazione di potenza. I carabinieri della compagnia di Ostia hanno concluso un’indagine delicata per violenza sessuale: un uomo di 45 anni, M.T., è finito ai domiciliari, accusato di aver molestato tre ragazzine di nove anni scatenando l’allarme pedofilia sul litorale.
Tutto parte dalla piscina con idromassaggio di uno stabilimento balneare sul lungomare Amerigo Vespucci («La Bicocca»). Il periodo è lo scorso agosto: una mamma scorta nella vasca cinque amichette, fra le quali sua figlia. Poi, dopo un po’, esce dall’acqua. Le bambine restano a giocare nella piscina. L’uomo si mette in movimento. Individua una di loro, allunga il braccio, apre la mano e le palpeggia il fondoschiena. Le bambine gridano, escono dall’acqua, vanno a rifugiarsi in un’altra area dello stabilimento. Lui le insegue e insiste tornando a palpeggiarne altre due. È un raptus che si autoalimenta. La prima molestia non è bastata. L’uomo non ha concluso la sua caccia. Le ragazzine però riescono a sfuggirgli e ad avvisare gli adulti.
Scatta in spiaggia l’allarme pedofilo. Quindi la denuncia. È la mamma di Claudia (il nome è di fantasia), la bambina che ha subito il primo palpeggiamento, quello in piscina, ad avvisare i carabinieri della stazione più vicina che si attivano, raccolgono testimonianze, identificano l’uomo e depositano in procura una prima informativa.
Quindi tocca ai magistrati del gruppo contro la violenza sessuale Maria Monteleone e Francesco Gualtieri ricostruire l’intera vicenda e formalizzare le accuse: il maniaco stavolta è un padre di famiglia. È italiano, ha moglie e figli. Da parte sua nessuna ammissione, ma solo le accuse delle bambine. A breve sarà ascoltato dal giudice per le indagini preliminari. Ma è anche possibile che, nei prossimi giorni, venga fissato un incidente probatorio per raccogliere nuovamente la testimonianza delle sue piccole vittime.
Al di là del singolo caso di cronaca va detto che, complessivamente, i casi di abuso sessuale negli ultimi anni sono leggermente diminuiti. Secondo i magistrati del pool contro i reati sessuali, più dei casi di pedofilia sono in crescita lo stalking e i maltrattamenti in famiglia. In aumento anche gli episodi che si sono conclusi con un arresto in flagranza. Il pool di dodici magistrati conta tre pm interamente dedicati a combattere il fenomeno della pedofilia e della pedopornografia. L’allarme pedofilia è stato rilanciato da Telefono Azzurro di recente: «La minaccia crescente — dicono dall’associazione — arriva dal web e dalle nuove tecnologie».
Paura L’uomo, 45enne, con moglie e figli, aveva fatto scattare l’allarme negli stabilimenti