PERIFERIE, STREET ART COME CURA
Caduta da tempo l’attenzione sulle immense periferie, conclusa l’epoca di chi le indagava (Ferrarotti, Cederna, Insolera), la fascia urbana aggrappata al Gra sembra vivere per conto proprio quasi che il tempo abbia da solo risanato le ferite e guarito il degrado. Eppure ben poco è cambiato. Gli altisonanti programmi capitolini conducono una vita stentata, frenata da scarsità di fondi, di idee, di volontà politica. Nel suo ultimo libro, Roma Amor (Marsilio Ed.), Paolo Portoghesi dedica un capitolo ad una possibile parziale rinascita delle zone difficili. Dipingere la Periferia: «Nella Roma di oggi l’insieme delle pitture murali costituisce un sistema di segni non paragonabile a nessun altro per attualità, intensità e chiarezza». L’architetto elenca una serie d’interventi di Street Art, murales che hanno sostituito i graffiti come forma di espressione del disagio sociale. Artisti apprezzati dalla critica come Lucamaleonte, Borondo, Atoche, Aladin, Blu, Diavré, Solo, Diamond, Pignon e tanti altri, su muri e pareti di edifici lanciano messaggi di contestazione ma anche di speranza portando questa forma d’arte contemporanea (opposta al concettualismo spesso incomprensibile che domina il mercato) nella città dimenticata. Il sindaco Marino col programma Big City Life tentò così di rivitalizzare Tor Marancia. Il Campidoglio potrebbe riprovarci puntando sull’Arte di Strada. Meglio di niente, a costo zero: in attesa di una vera cura, maquillage artistico per le periferie.