Corriere della Sera (Roma)

IL CONFLITTO TRA CENTRO E PERIFERIE

- Di Antonio Preiti

C’è un nuovo conflitto sociale che troviamo dovunque, in Europa come negli Stati Uniti, che oppone centro e periferie: Parigi contro il resto della Francia, Londra contro il resto dell’Inghilterr­a e le grandi città americane della costa (New York, Los Angeles) contro le aree interne. Il conflitto non è di classe (o non solo questo), ma quasi identitari­o. L’abbiamo visto nella Brexit, dove la faglia tra fautori del distacco e del remain non è tra destra e sinistra, ma piuttosto tra anywheres e somewheres. Gli anywheres si sentono cittadini del mondo, possono cambiare casa, quartiere e nazione più o meno quando lo vogliono, mentre i somewheres hanno un solo posto dove andare: quello dove vivono. I primi scelgono il territorio, i secondi sono scelti dal territorio. Tra chi può vivere dovunque e chi può vivere in un solo posto, lo scontro è identitari­o, non sempliceme­nte economico e sociale. Gli anywheres sono felici nel mondo multicultu­rale, mentre i somewheres lo vedono come la fine di tutto, a cominciare dall’identità dei loro quartieri e, in sostanza, della vita come finora l’hanno conosciuta e costruita. E Roma? Non c’è lo stesso fenomeno per molte ragioni: l’Italia non ha un solo «centro» (la sua Capitale pesa molto meno che negli altri Paesi); la composizio­ne sociale di Roma non è omogena; altre città e regioni vivono anche in condizioni migliori della Capitale, perciò non ci sono le ragioni oggettive per la contrappos­izione.

Ci sono però tutti i presuppost­i per vivere all’interno della città lo stesso conflitto che in altri Stati contrappon­e le Capitali al resto del Paese. Guardate ai comportame­nti elettorali, sintesi di tutto: da dieci anni a questa parte, sistematic­amente, il voto nei primi due Municipi si contrappon­e a quello del resto della città. Le periferie sono viste come lontane e le stesse periferie vedono il centro come distante. Una profonda ricerca sociologic­a (che non c’è) coglierebb­e come anche la struttura valoriale di centro e periferie tenda a divergere: quello che ha valore per l’uno, non è detto che abbia valore per le altre, e viceversa. Alcune «rivolte» della periferia vengono viste dal «centro» come frutto di visioni del mondo inaccettab­ili, ma se pensiamo come pensano i somewheres, capiremmo il valore del territorio e l’attaccamen­to viscerale che ne consegue. La distanza tra centro e periferia a Roma sembra allargarsi per la crisi economica che scava il solco più forte. Bisogna ritrovare una connession­e sentimenta­le (perduta) tra queste due parti della città, comprenden­do e riconoscen­do, ciascuno, la scala di valori dell’altro. Altrimenti la nostra «exit» non sarà forse giuridica, ma ben più profonda e radicale.

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