Lazio, 100 famiglie in quarantena
Invitate dalle Asl all’isolamento domiciliare: hanno segnalato di essere state nella «zona rossa» al Nord
Cento famiglie del Lazio sono in quarantena per motivi precauzionali. Hanno comunicato alle Asl di essere rientrate dalla «zona rossa» nel nord Italia e le Asl le hanno invitate all’isolamento domiciliare per eseguite i test sul coronavirus e verificare se siano negativi. Intanto, in 33 ospedali del Lazio è iniziata l’installazione di tende per il triage di pazienti che presentano sintomi del virus.
Oltre cento famiglie sono in isolamento domiciliare nel Lazio. Sono nuclei che di recente hanno viaggiato nelle zone «rosse» di Lombardia, Emilia Romagna e Veneto (o hanno soggiornato in Cina) e che quindi, come richiesto dalla Regione, al loro rientro hanno dovuto contattare la Asl. «Sono invitate a rimanere in casa per una sorta di quarantena e devono misurare la temperatura due volte al giorno. In caso di innalzamento devono subito contattare i sanitari - spiega Enrico Di Rosa, direttore Servizio igiene e sanità pubblica della Asl 1 -. Qualora fossero sintomatici verrebbero sottoposti al test». Tra ieri e oggi, aggiunge Di Rosa, «sono state centinaia le chiamate in tutto il Lazio», anche se «si sono state segnalazioni inappropriate, come quelle dei datori di lavoro. Ma se i dipendenti non sono stati nelle zone del focolaio, non serve».
Precauzioni
Tuttavia si ritiene che nel Lazio al momento non ci sia una situazione di rischio legata al coronavirus. A parte i tre pazienti positivi al Covid-19 (ovvero i due turisti cinesi e il ricercatore rientrato da Wuhan, ormai guarito e dimesso dallo Spallanzani), l’Inmi ha comunicato che fino a ieri erano stati valutati in tutto 128 pazienti: 83 risultati negativi al contagio e 45 tuttora ricoverati nella struttura. Ma, a scopo precauzionale, la Regione ha adottato alcune misure di prevenzione, come appunto la quarantena domiciliare per soggetti a rischio e l’obbligo di segnalazione alle Asl per chi ha viaggiato nelle zone focolaio del nord Italia. Misure a cui sono state aggiunte le tensostrutture di pre- triage dedicate, per evitare la promiscuità tra malati in pronto soccorso.
Rete assistenziale
La Regione ha preparato anche un provvedimento per incrementare la rete assistenziale, nei reparti come nei laboratori, con i medici di famiglia come con i pediatri. «Per questo sono state montate delle tende di triage nei più grandi pronto soccorso di Roma, della provincia e della Regione tutta - conclude Di Rosa -. Per creare dei percorsi assistenziali ad hoc per chi presenta determinati sintomi e per evitare eventuali contagi nelle sale d’attesa». Dopo lo
Spallanzani e il San Filippo Neri, altre tensostrutture verranno montate oggi, fino ad arrivare a quota 33 (sui 43 ospedali totali del Lazio).
Medici di famiglia
«Nessun allarmismo, servono informazioni chiare, ma anche la collaborazione dei cit
Spallanzani Negativi i test effettuati su 83 pazienti, 45 sono ancora ricoverati e seguiti
tadini», è l’appello di Pier Luigi Bartoletti, vice-presidente dell’Ordine dei medici di Roma e provincia. Sono aumentate infatti in questi giorni le richieste di consulenza ricevute dai medici di base, in prima linea per il «triage telefonico». Un surplus di lavoro per i circa 4.400 camici bianchi «complicato anche dal tilt dei numeri di emergenza. Come quello del ministero della Salute (il 1500) ». La linea è sovraccarica da giorni. «Siamo noi medici a gestire i tre principali scenari – riassume Bartoletti –. Uno: in caso di contatti con aree o persone a rischio e sintomi si avvia il protocollo, si avvisa lo Spallanzani, si fanno tamponi. Ma la prima azione è l’autoisolamento. Due: se si hanno dubbi di contagio, meglio stare a casa e attendere istruzioni». La telefonata tipo numero tre invece è legata alla psicosi. L’obiettivo dei medici è, al momento, intercettare eventuali pazienti legati ai focolai. «La difficoltà è nel distinguere l’allarme dal reale. La nostra rete funziona, ma serve un’informazione univoca sui protocolli da attuare», sottolinea Fabio Valente dal suo studio a Ostia Antica. Molte infatti le richieste per i tamponi che qualche dottore, sbagliando, ha persino prescritto. «Non potendo fare troppe visite a domicilio, serve con urgenza l’autorizzazione per il rilascio dei certificati via telefono, anche per chi vuole stare in isolamento ma ha il problema del lavoro», sottolinea l’altra criticità della categoria Francesco Buono dalla sua attività a corso Francia. Servono «referenti» a zona e misure a livello regionale, chiedono i medici: le precauzioni negli studi sono già attive, tra bonifiche aumentate e «corsie» per patologie respiratorie.