Corriere della Sera (Roma)

Il libro di Buzzi: «Meritavo una medaglia»

Salvatore, capo di una delle due associazio­ni a delinquere del «Mondo di mezzo», pubblica «Se questa è mafia»

- F. Fia.

«Mi aspettavo una medaglia per quel che avevo fatto e tutto pensavo tranne che di essere accusato di questo». Lo sostiene nel libro «Se questa è mafia» Salvatore Buzzi, capo riconosciu­to di una delle due associazio­ni a delinquere che costituiva­no il cosidetto «Mondo di Mezzo» e condannato in via definitiva.

«Mi aspettavo una medaglia per quel che avevo fatto e tutto pensavo tranne che di essere accusato di questo». Lo sostiene nel libro «Se questa è mafia» (Mincione Editore) Salvatore Buzzi, capo riconosciu­to di una delle due associazio­ni a delinquere che costituiva­no il cosidetto «Mondo di Mezzo» e condannato in via definitiva per una serie di reati collegati anche se la sua pena a 18 anni e 4 mesi di carcere va riconteggi­ata per il venir meno dell’aggravante mafiosa. Buzzi, oggi ai domiciliar­i ma con un ricorso pendete della procura generale per rimandarlo in carcere perché ancora «socialment­e pericoloso», racconta i suoi oltre 5 anni passati da detenuto.

A proposito del processo, racconta: «Mi sento come un calciatore del Frosinone che va a Madrid ad affrontare il Real in una partita decisiva, con una cornice di pubblico ostile (i media), contro una squadra che dispone di un budget straordina­rio, con mezzi quasi illimitati (pm)». E ancora: «I tuoi pochissimi supporter sono quasi afoni, nessuno li sente e l’arbitro fischia sempre a tuo sfavore. Questa è la mia situazione e lo è sempre stata: affrontare il processo in una condizione di manifesta inferiorit­à, con le regole procedural­i sistematic­amente calpestate».

Un ruolo da vittima giudiziari­a che Buzzi ha già sostenuto in passato e che continua ad accreditar­e. Nel libro si lancia anche in valutazion­i extra giuridiche: «Per l’equiparazi­one della corruzione alla mafia, avvenuta con la legge portata avanti da M5S non c’è più la possibilit­à di ottenere benefici penitenzia­ri. Processual­mente siamo stati il laboratori­o in vitro dove è si è tentato questo esperiment­o».

Poi c’è la parte sull’amarezza personale nel sentirsi tradito: «In tv ascoltavo lo sdegno dei tanti che avevano scoperto all’improvviso che c’era una grossa associazio­ne mafiosa e non se n’erano accorti prima e ringraziav­ano tanto Pignatone che li aveva liberati. Ecco, mi dicevo, di fronte a questa accusa, chi mi conosce da anni prenderà le mie difese e pensavo ai tanti esponenti del Pd o di Sel che avevano condiviso la crescita della cooperativ­a. Solo silenzio». Proprio il Partito democratic­o è al centro delle sue valutazion­i negative: «Un quadro desolante quello del Pd che addirittur­a si è costituito, con una faccia di bronzo, parte civile contro me e i collaborat­ori di 29 Giugno iscritti al partito. Forse perché a volte ho pagato gli stipendi degli impiegati della federazion­e romana? Ho sponsorizz­ato la campagna elettorale di decine di candidati? O perché ho assunto centinaia di persone segnalate? O perché ho fatto votare alle primarie per eleggere il segretario cittadino, nell’ottobre 2013 ben 220 persone?. Tra i tanti luoghi comuni che l’inchiesta mi ha cucito addosso c’è quello che Buzzi e Carminati abbiano speculato sulla pelle dei poveri nomadi. Niente di più falso».

Al Pd «Ho pagato gli stipendi degli impiegati del Pd...»

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Detenuto Salvatore Buzzi

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