La moglie dell’agente: «Abbandonato»
Anche lei è infettata: «In quell’ospedale non gli hanno fatto il tampone»
«Mio marito ha chiesto di essere sottoposto al tampone più volte, ma si sono rifiutati e la sua salute ora si è compromessa ancora di più. È stato 26 ore al Pronto soccorso di Tor Vergata, ma nessuno ha capito che era contagiato. Una vergogna». A parlare è la moglie del poliziotto di Spinaceto, risultato positivo al coronavirus e ricoverato da domenica allo Spallanzani.
Si stringe nella vestaglia sulla soglia della loro villetta a Torvaianica, comune di Pomezia. È appena uscita per avvertire il postino di non entrare e avvisa anche noi, premurosa, di non avvicinarsi troppo. «Siamo positivi, positivi in tutti i sensi», riesce anche a dire scherzando: sia lei che i due figli infatti sono ormai contagiati, restano in quarantena a casa, anche perché asintomatici, hanno solo un po’ di tosse. È preoccupata però per il marito, «un servitore dello Stato trattato peggio di tutti», accusa. «Stava poco bene da inizio febbraio, aveva l’influenza ed è rimasto a casa, poi si è ripreso ed è tornato al lavoro. E poi di nuovo ha avuto febbre», racconta la donna che, alla terza ricaduta, ha convinto il marito a chiamare il medico. Martedì scorso, 25 febbraio, il medico li incontra nello studio: «Stava a
distanza perché anche lui malato - ricorda –. Ci dice che per lui i sintomi erano compatibili con il coronavirus e ci consiglia di chiamare i numeri di emergenza». Al telefono il suggerimento è quello di recarsi a un Pronto soccorso e
così il viaggio fino a Tor Vergata.
È il 26 febbraio. «Ci hanno dato la mascherina, gli hanno fatto le analisi del sangue e una lastra ai polmoni. Poi l’hanno lasciato a sedere da una parte per 26 ore come
uno straccio, con la febbre alta», racconta amareggiata la moglie del poliziotto, sottolineando le richieste del marito di sottoporsi al tampone per i suoi «contatti a rischio». Intende dire l’amico lombardo che ha frequentato, le chiediamo: la risposta però è inattesa. «Ma quale amico, non abbiamo ospitato nessuno e mio marito non mi ha raccontato di aver incrociato amici lombardi», ribatte la signora: secondo lo Spallanzani però il link epidemiologico dell’agente è appunto un conoscente delle zone rosse. E allora qual è l’origine del contagio? «Non lo so, mio marito ha ripetuto ai medici che al commissariato viene a contatto con tante persone, magari malate, e che quindi il tampone era necessario. Per loro non c’erano i presupposti – sottolinea la signora -. Alla fine c’è stata la chiamata allo Spallanzani. Ma intanto noi ci siamo contagiati e, voglio dirlo, io sono andata ovunque, con il rischio di far ammalare anche altri».
L’altro motivo di apprensione sono i figli e il cane: al momento i medici seguiranno questa famiglia a domicilio, ma se si presentano i sintomi scatterà il ricovero. «Per la quarantena siamo preparati, ho il freezer pieno, ma se andiamo in isolamento al cane chi ci penserà?», si chiede rientrando in casa, mentre dal cielo nuvoloso le prime gocce di pioggia iniziano a cadere su Torvaianica.
La donna
Mio marito positivo è ricoverato da tre giorni allo Spallanzani. Io sono a Torvaianica sotto controllo
L’ira
Stava poco bene da inizio febbraio... Un servitore dello Stato trattato peggio di tutti