Suppletive, M5S flop: ora la resa dei conti
Critiche e polemiche. Dessì: «Basta internet, ora candidati veri»
La vittoria di Roberto Gualtieri alle elezioni suppletive di domenica nel collegio Lazio 1 alla Camera, se da un lato era prevedibile (i quartieri nei quali si è votato simpatizzano storicamente per il centrosinistra), dall’altro registra un risultato, il 4,36% per i Cinque stelle, in crollo verticale rispetto alle percentuali registrate alle Comunali del 2016: al primo turno (affluenza al 57,21%, mentre alle suppletive è stata del 17,6%) Virginia Raggi ottenne il 25% nel I Municipio, il 36% nel XIV e il 30% nel XV (alcuni dei territori che ricadono nella stessa circoscrizione). È indubbio che le due consultazioni abbiano un peso diverso, ma fa riflettere che Rossella Rendina, l’architetta grillina che si è candidata su Rousseau, si sia fermata sotto il 5%. Probabile che il M5S, dando per scontato l’esito in un territorio da sempre roccaforte dei dem, abbia disinvestito.
E però, il flop pone i Movimento di fronte a una serie di interrogativi. Tra i commenti più critici, quello del grillino Marco Cacciatore, presidente della commissione regionale Rifiuti: «Va bene menzionare la bassissima affluenza, il coronavirus e perfino la difficoltà di conquistare consensi in un collegio che comprende quartieri “bene” del Centro, ma il risultato inferiore al 5% non lascia spazio a scuse. Gli elettori del M5S, a Roma come a livello nazionale, ce li siamo persi sotto i colpi delle contraddizioni e delle violazioni del programma». È ancora più tagliente il senatore Emanuele Dessì: «Basta giocare con internet, servono candidati veri». L’esito del voto riaccende le critiche delle opposizioni. Il leader della Lega, Matteo Salvini, attacca: «Il M5S non ha preso il 5% nemmeno nella città che governa, neanche i romani ne vogliono più sapere
Marco Cacciatore «Gli elettori li abbiamo persi tra contraddizioni e violazioni del nostro programma» Paolo Ferrara «Ci sono dei problemi, ma prima dei nomi dei candidati, pensiamo alle idee da proporre»
della Raggi». Tra i fedelissimi della sindaca, l’assessore al Personale, Antonio De Santis, prova a ridimensionare la sconfitta: «Alle suppletive ha votato il 17% degli aventi diritto, un dato che va rispettato, ma molto esiguo rispetto a 2 milioni e 800 mila abitanti (che votano a Roma). La rincorsa da parte di tutte le forze politiche a trasformare numeri così esigui in uno scenario di sistema indica quanto temano la ricandidatura di Virginia».
La convitata di pietra, incalzata dai cronisti, passa al contrattacco secondo uno schema che ricorda le vecchie ruggini con l’ex ministro dello Sviluppo economico, Carlo
Calenda. Il bersaglio, stavolta, è il neo vincitore: «Ricordiamoci che ha votato meno del 30%, l’esito era scontato. Facciamo comunque gli auguri al ministro Gualtieri che adesso è diventato anche parlamentare. Sono contenta che durante la campagna elettorale abbia rilevato che servono più fondi per Roma, visto che è anche il ministro dell’Economia: quando vuole allargare i cordoni della borsa, noi siamo pronti».
Nel frattempo, nel M5S si allarga il dibattuto sulla possibile candidatura di Monica Lozzi, presidente del VII Municipio, per la corsa al Campidoglio. L’ex capogruppo, Paolo Ferrara, è cauto: «Il risultato di queste ultime elezioni è chiaro, ci sono problemi che vanno affrontati, ma prima dei nomi pensiamo alle idee». Angelo Diario, presidente della commissione Sport, pensa a una lista civica e propone le primarie. Dalla consigliera comunale, Sara Seccia, arriva un altro endorsement: «Monica Lozzi può essere un buon sindaco, è una persona sveglia che conosce la burocrazia». Parole condivise da Stefano Vignaroli, presidente della commissione parlamentare Ecomafie: «Ha stoffa, ma il problema sono le percentuali ridicole a cui siamo arrivati». Preferisce tacere invece Giuliano Pacetti, capogruppo in Assemblea capitolina, vicinissimo a Raggi.