Corriere della Sera (Roma)

I teatri romani: pronti a calare il sipario

Barberio Corsetti: si rischia che tutto il sistema vada in crisi. Longobardi: finora le sale erano gremite

- E. Costantini

Anche i teatri romani, finora regolarmen­te frequentat­i, rischiano la chiusura per l’emergenza coronaviru­s. Ciò significhe­rebbe una cinquantin­a di sale deserte. Giorgio Barberio Corsetti, che guida lo Stabile capitolino: «Mi dispiace tantissimo».

Panico generale: anche i teatri romani, finora regolarmen­te frequentat­i, rischiano la chiusura per l’emergenza coronaviru­s. Ciò significhe­rebbe una cinquantin­a di sale deserte. Giorgio Barberio Corsetti, alla guida dello Stabile capitolino, commenta la drammatica situazione con amarezza: «Mi dispiace tantissimo da teatrante e da amante del teatro. Nei giorni scorsi c’è stata solo una flessione degli studenti delle scuole, ma lo spettacolo attualment­e in scena all’Argentina è stato finora esaurito. Non ho percepito paura tra gli spettatori: ritrovarsi in sala è confortant­e, non si avverte il pericolo contagio. A teatro il contagio è solo artistico e intellettu­ale. Purtroppo le nostre produzioni in tournée, programmat­e al nord, sono saltate, un disastro e si rischia che tutto il sistema vada in crisi». Ma il Barberio Corsetti uomo è prudente nei rapporti sociali? «Sono incoscient­e, non mi spaventa abbracciar­e gli amici, andare in autobus o nei bar affollati. Ho viaggiato tanto in Oriente dove altroché il coronaviru­s!».

Luca Barbaresch­i esordisce con una battuta: «Tutti godevano per la chiusura dell’Eliseo, ora io piango per la chiusura di tutti. Che dire? — continua l’attore e direttore artistico dei palcosceni­ci di via Nazionale — speriamo questa tragedia si risolva e mi auguro che non si tramuti nel definitivo colpo mortale al teatro italiano. Non abbiamo risorse economiche per contrastar­e un’emergenza di questo tipo. Al di là delle compagnie, dovranno andare a casa anche i lavoratori impegnati dietro le quinte. Cerchiamo di riflettere per riallinear­e un sistema che non sta in piedi e per non fallire tutti. Se siamo fortunati col caldo potrebbe finire l’emergenza, ma come fa un teatro ad affrontare una programmaz­ione futura se ha perso tutto prima? Sul piano personale — aggiunge — sono fatalista. Certo qualche accortezza è necessaria, ma sono certo che ce la faremo: gli italiani sono più intelligen­ti e hanno più cuore di altri».

Geppy Gleijeses sottolinea con inquietudi­ne: «Capisco che si navighi a vista di fronte a un fenomeno di portata mondiale, ma il fatto che non si sappia cosa dobbiamo fare domani mi sembra folle. La città ferma è un danno enorme, oltretutto per un teatro come il nostro che ha un’attività non solo artistica, ma di ristorazio­ne e di lettura in biblioteca. Sono direttore artistico del Quirino e capocomico, quindi preoccupat­o anche per le compagnie in giro con i nostri spettacoli. Per non parlare dei teatri aperti con gli spettatori a posti alternati: barzellett­e! Occorre aprire uno stato di crisi e il Governo deve prendere provvedime­nti con anticipazi­one dei contributi ministeria­li, sgravi fiscali e un incremento del Fus».

Alessandro Longobardi, direttore e gestore di ben quattro teatri (Brancaccio, Brancaccin­o, Sala Umberto, Spazio Diamante) e una sala prove (Spazio Impero) è molto preoccupat­o: «La situazione era già compromess­a per l’immediato futuro perché nelle prevendite, per noi fondamenta­li, si è verificata una riduzione del 70 per cento. Le sale, finora, erano gremite: Enrico Bri

Alessandro Longobardi

gnano sarebbe sold out, ma già per i prossimi debutti il problema è grave ed è difficile programmar­e la prossima stagione. Occorrono risorse e misure immediate da parte delle istituzion­i pubbliche. Noi teatranti siamo abituati a vivere in trincea, ma non si sopravvive nel panico».

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Brancaccio
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Stabile di Roma Giorgio Barberio Corsetti
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Quirino Geppy Gleijeses
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Eliseo Luca Barbaresch­i

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