L’impresa edile truffava inquilini, manager a giudizio
Spinaceto e Selva Candida, affitti gonfiati
Non una mera inadempienza contabile dovuta a un errore amministrativo di oltre dieci anni fa, come sostenuto dalla difesa, ma una truffa ancora in atto, aggravata dall’ingente danno patrimoniale arrecato alle parti lese e dal conseguimento illecito di pubbliche forniture. È questa la linea tracciata dal gup, Annalisa Marzano, nel decreto con cui dispone il rinvio a giudizio di Vittorio e Gabriella Di Giacomo, rappresentanti legali della Di.Cos., impresa edile tra le più note a Roma e qui coinvolta (anche se la posizione della Spa è stata stralciata per un difetto di nomina) in relazione ai Piani di zona edificati tra Spinaceto e Selva Candida (Ponderano).
Una decisione, quella del processo, che spicca rispetto alle tante altre analoghe nella bolla dell’edilizia convenzionata esplosa in questi anni non solo per il nome dell’impresa coinvolta, ma anche perché la stessa si è opposta alla rideterminazione dei prezzi degli appartamenti decisa in autotutela dal Comune di Roma, che qui si è costituito parte civile assieme a un gruppo di ex inquilini delle case popolari e alla Regione.
Come ricostruito dalle indagini affidate dal pm, Francesco dall’Olio, al Nucleo tributario della finanza, le vittime della truffa pagavano ogni mese 100 euro in più di affitto sul prezzo dovuto. E al momento di acquistare casa ne avrebbero pagati fino a trentamila oltre la soglia massima fissata per legge.
Nel dettaglio, per un appartamento di 80 metri quadrati la Di.Cos. intascava 600 euro sui 500 di tetto massimo. Per venderlo ne avrebbe presi 180 mila sul massimo di 150. E questo perché i contributi comunali e regionali per l’edilizia convenzionata erogati all’impresa costruttrice non venivano
Il prezzo