Corriere della Sera (Roma)

Streaming, dirette social e chat: così la messa raggiunge i fedeli a casa

Il Papa ringrazia i sacerdoti: «Ma le chiese aperte sono porte per la speranza»

- Di Ester Palma

Il Papa li ha ringraziat­i nell’Angelus di ieri, nella prima domenica senza Messe con i fedeli: i sacerdoti che ai tempi del coronaviru­s non fanno «come Don Abbondio», ma «sono ancora più vicini al popolo di Dio». E i parroci romani hanno fin dall’inizio risposto alla chiamata: Messe e rosari in diretta streaming, seguitissi­mi, chat coi fedeli, video di meditazion­i sulla Parola. Con i parrocchia­ni che rispettano i divieti e si adeguano, con buonsenso.

Come don Maurizio Mirilli della chiesa del Santissimo Sacramento a Tor de’ Schiavi: «Ero già pronto, da 4 anni celebro in diretta Facebook per i malati. Oggi ho recitato il Padre nostro sul sagrato per i fedeli sui balconi, domenica prossima dirò Messa all’aperto. La gente è in panico, viene in chiesa a piangere, ha bisogno del conforto di Dio. Ma il tempo di prova è un tempo di grazia: forse abbiamo capito che siamo fragili, che scienza e tecnologia non ci salvano, solo Dio può farlo. E io sono strafelice di essere ancora di più al servizio della mia comunità. Anche con la “Coccola della buonanotte”, una riflession­e che tutte le sere alle 22 condivido in chat».

«Sapere che la loro parrocchia resta aperta è un enorme conforto per tantissimi - spiega don Alfio Tirrò, di San Vigilio all’Eur Serafico - Dico Messa tutte le sere in diretta Facebook e a seguirla sono molti di più di prima, almeno 200 ogni volta. La comunità si ritrova (Benvegnù), ieri mattina don Flavio della parrocchia Mater Dei in via della Camillucci­a guardando la sua chiesa e in me come pastore aumenta il senso di paternità. E gli anziani si organizzan­o: si fanno prestare i pc dai nipoti e si fanno insegnare a usarlo. L’altro giorno ho spiegato io al telefono a una signora come fare, ci abbiamo messo un po’ ma ce l’abbiamo fatta. E’ una Quaresima diversa, certo molto più intensa e dura. Però porta frutti, stiamo recuperand­o i contatti umani, le famiglie e credo che dopo tutto questo per la tecnologia sarà più difficile isolarci. Spero che si capisca che più che correre è importante dare spazio agli affetti e allo spirito».

«Le porte aperte delle chiese lo sono alla speranza. Ma spesso le cose si apprezzano solo quando si perdono commenta don Antonio Fois, da Santa Maria delle Grazie al Trionfale, piazzale degli Eroi Qui proseguiam­o tutte le attività, via web, dal catechismo ai ragazzi del gruppo scout che inviano ai piccoli giochi e passatempi. E poco fa ho ricevuto un whatsapp da un bambino che aveva seguito la Messa in streaming con la mamma. Mi ha detto ci rivedremo presto, era lui a consolare noi. In Chiesa viene poca gente, ma vedo anche facce nuove. Parecchi vogliono confessars­i: a distanza ma lo facciamo». Insomma, ci si attrezza per resistere e magari si riscopre il senso di comunità cui prima si dava poca importanza: «L’idea di chiudere del tutto ci aveva spaventato, sarebbe stato troppo difficile - aggiunge don Antonio - Invece emerge sempre più la voglia di vivere e condivider­e la fede». Aggiunge padre Albino Marinolli, della Basilica del Sacro Cuore di Cristo Re, a viale Mazzini: «C’è paura e disagio ma anche speranza. Ai bambini e a tutti i parrocchia­ni ho mandato l’immagine di Gesù addormenta­to sulla barca coi discepoli: a volte può sembrare che dorma, ma è sempre vicino a noi». Per don Stefano Meloni di San Gregorio Magno alla Magliana, l’ansia maggiore è per i poveri e i rom del campo di via Candoni: «Continuiam­o a preparare i pacchi col cibo, non possiamo abbandonar­li. Solo che li facciamo venire uno alla volta, con gli orari fissi e i bigliettin­i. Per chi è malato e non può uscire, andiamo in macchina sotto casa a consegnarl­i. La Messa? Sul sagrato, con la gente dalle finestre» .

Da 4 anni celebro in diretta Fb per i malati. Oggi ho recitato il Padre nostro sul sagrato don Maurizio

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Padre Nella foto qui sopra

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