Montaldo: «Ginnastica in casa e Inno nazionale Insieme ce la faremo»
Il grande regista, 90 anni, ricorda gli anni della guerra e la terribile epidemia asiatica
Sul set
Giuliano Montaldo insieme all’attore Pierfrancesco Favino, nel 2011, durante le riprese del film «L’industriale», presentato al Roma Film Fest
«Come trascorro il tempo? Leggo libri e faccio mezzora di ginnastica con la mia ragazza, Vera». Giuliano Montaldo, dall’alto dei suoi 90 anni, vede la situazione da un’angolatura ottimistica e combattiva, insieme alla moglie, compagna di una vita intera, Vera Pescarolo che di anni ne vanta 89. «Di epidemie, guerre, carestie ne ho viste parecchie - afferma con tono tutt’altro che dimesso il grande regista - figuriamoci se mi spaventa il coronavirus. Ovviamente anche questa è una specie di guerra e rispetto le regole: restiamo chiusi in casa, agli arresti domiciliari, e in proposito stavo pensando di comprarmi un pigiama a righe, proprio come un vero detenuto. Ma sono contento di avere 90 anni con la voglia di combattere come i ventenni».
Lei però ha vissuto la guerra vera.
«Eccome no? Nel 1940 avevo 10 anni, ricordo le sirene dell’allarme aereo e a Genova, la mia città, ci sparavano anche dal mare. Dovevamo rifugiarci in una galleria piena di gente, provavamo una grande angoscia soprattutto perché, cessato l’allarme, poteva capitare di trovare fuori solo macerie. Però quell’angoscia mi ha aperto gli occhi».
In che senso?
«Non ho mai dimenticato le lacrime dei miei genitori abbracciati, quando, uscendo dal rifugio, videro la nostra casa distrutta. Mio padre si è poi rimboccato le maniche e l’ha ricostruita, mi ha trasmesso quella forza. Ora, dobbiamo stringere i denti, siamo un popolo forte, abbiamo superato tante battaglie e momenti difficili, bui. Ce la faremo anche stavolta».
Delle epidemie come l’asiatica che ricordo ha?
«Nel paese dove eravamo sfollati, Parodi Ligure, arrivò un tizio che si era beccato l’asiatica: non ne fummo particolarmente allarmati. All’epoca, tuttavia, non eravamo molto informati, non c’era la televisione e non esistevano i social, non eravamo freneticamente interconnessi e forse è stato un bene. Nel senso che non venivamo colti dal panico. Inoltre non c’erano tutti i turisti che girano oggi su quelle navi da crociera che sembrano città intere e che quindi contribuiscono alla diffusione di un virus. A quel tempo c’era meno allarme, tutto sommato più ottimismo».
Nonostante il fascismo? «Ero molto giovane, non sapevo nulla e, prima dell’inizio della guerra, anche io, ovviamente, ero un balilla».
Che ricordo ha di Mussolini?
«Una volta il duce fece visita a Genova. In suo onore venne costruita la gigantesca prua di una nave in legno, su cui il dittatore salì guardandoci dall’alto, mentre noi balilla sfilavamo davanti a lui, marciando compatti.
La piazza era piena di gente, era una festa, ci sentivamo fieri di fare questa sceneggiata, perché eravamo inconsapevoli di quello che stava combinando. Ma quando tornai a casa e raccontai l’esperienza a mio padre, fui gelato dalla sua risposta. Disse: siete dei cretini».
Rimase male?
«Bè, lì per lì non compresi il motivo del suo rimprovero, non pensavo di aver fatto nulla di male. Lo capii in seguito».
E pensare che, tornando al Covid-19, il suo «Marco Polo» è stato girato proprio in Cina...
«Mamma mia, solo a pensarci mi vengono i brividi. Se fosse scoppiata allora questa pandemia, chissà cosa ci sarebbe accaduto. Comunque, Cina o non Cina, il problema è che il nostro pianeta ci sta inviando messaggi da tempo: l’inquinamento, i ghiacciai che si sciolgono, le spiagge mangiate dal mare... Certo, questo virus non ce lo potevamo immaginare, ma voglio vedere persino dei lati positivi».
Quali?
«C’è meno smog, meno incidenti stradali, sono persino crollati i furti nelle case e non potrebbe essere altrimenti: stiamo tutti rinchiusi nei nostri appartamenti e non è che si presenta il malvivente dicendoci, permette, posso entrare? Sono un ladro. E poi vedo pure che tra i politici c’è più calma, meno insulti e l’obiettivo comune di portare il Paese al più presto fuori dall’emergenza. Quando l’orrendo scempio di vittime sarà passato, dovremo lavorare sodo per mettere a posto l’economia e i guai che ha combinato».
Qual è la prima cosa che farà quando tutto sarà finito?
«Prima di tutto voglio andare negli ospedali a ringraziare medici, infermieri per quello che hanno fatto. Poi, siccome con Vera ogni tanto cantiamo l’Inno nazionale, non vedo l’ora di mettermi in testa l’elmo di Scipio, sostituendo il Corona (virus). Forza e coraggio, supereremo eroicamente questa brutta storia... ne rimarrà solo un pallido ricordo».
❞ Cina o non Cina, il nostro pianeta ci sta inviando messaggi da tempo
❞ Quando tutto finirà per prima cosa andrò di persona a ringraziare medici e infermieri Combattivo «Quando l’orrendo scempio di vittime sarà passato, dovremo lavorare sodo»