«Sono rinata con la musica»
L’adolescenza segnata dalla storia con il prof di greco che la raccontò in un romanzo «Ci fu uno scandalo. Mi intervistò Enzo Biagi su Rai1. Ero frastornata, arrabbiata» Nicoletta Della Corte, la valletta di «Indietro tutta» ora canta De André e Conte
Questa è la storia di quando una grande gioia coincide con un grande dolore. È successo a Nicoletta Della Corte. Lei, ex valletta di Renzo Arbore a Indietro Tutta, ancora bella coi suoi lineamenti marcati, netti come la sua personalità, la definisce «una storia di resistenza». La resistenza e la tenacia di chi vede la strada un po’ in salita ma non molla, di chi è a sempre a caccia come il Leone, che è il suo segno, una lotta per la sopravvivenza, artistica in questo caso.
Tutto è cominciato quando, da minorenne, ebbe una relazione d’amore col suo professore di greco in un liceo classico di Bologna. «Non potevo uscire la sera, ci vedevamo il pomeriggio». Finì male, malissimo. Il prof, divorato dall’ego e dal narcisismo, scrisse un romanzo raccontando i loro momenti intimi, le cambia nome, nel libro si chiama Benedetta della Sorte e quello che racconta nero su bianco è la loro storia. «Ci fu uno scandalo. Mi intervistò Enzo Biagi su Rai1 per Il caso. Ero frastornata, arrabbiata. I miei caddero dalle nuvole, in classe mi prendevano in giro, il preside trasferì il professore dal liceo al ginnasio. Una punizione blanda. Io arrivai alla maturità con 6 in condotta e mi diedero 37, che è un voto beffardo per una che studiava, punitivo, come la prima febbre. Io non ho mai pensato a lui come a un pedofilo, me ne ero innamorata, così giovane non sai distinguere il bene dal male. Quando uscì il romanzo lo presi di petto, lo affrontai a brutto muso, ma che, prendevi appunti mentre facevamo l’amore?».
Negli stessi giorni Nicoletta era a Indietro Tutta, Renzo Arbore l’aveva trasformata, vestita da marinaretta: la valletta parlante. «Era un programma cult e le riviste ci stavano addosso per avere storie da raccontare. Tirarono fuori la mia, quella col professore. Renzo, per tutelarmi, e vedendomi in quello stato d’animo, ridimensionò il mio ruolo: divenni la valletta muta». Parla del «rovescio della medaglia dell’improvvisa notorietà, del dolore del padre, maresciallo dei carabinieri napoletano, del successo che invece di aprirti porte te le chiude, perché passi i giorni a difenderti in tribunale. «Oggi sarei stata più tutelata? Non esiste un tribunale dell’amore, qui si tratta di sentimenti, io ero innamorata e sono stata usata, amata in modo sbagliato».
Nicoletta Della Corte la sua resistenza la combatte recitando e cantando, appena riapre, sarà con Mènage à trois all’Alexanderplatz con cinque musicisti. Canta Fabrizio De André e Paolo Conte, accomunati «dalla libertà, dall’umanità, dalle origini, dal rapporto con la Francia e la poesia».
Era una ragazzina «curiosa e abbastanza ribelle». A Roma affittò una stanza «da una anziana signora che aveva fatto la modista alla casa reale, aveva 88 anni si metteva il rossetto e mi invitava a vedere la tv con lei». Un giorno per strada si sentì apostrofare: «Sei bellissima». «Fellini!», esclamai.
«Sì, e tu chi sei?». Andò a trovarlo a Cinecittà, «mi parlava di Castaneda, di Mastorna e Mandrake, poi mi disse: Non ti senti a casa in questo luogo?». In tv fu la ragazza della moviola dove Fellini raccontava le scene tagliate del Casanova. «Chiamò Pupi Avati, erano entrambi emiliani, gli chiese in modo perentorio di farmi recitare. Pupi mi scritturò per Festa di laurea». E Arbore? «Volevo
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Un giorno per strada mi sentii apostrofare: sei bellissima. Era Fellini. Andai a trovarlo a Cinecittà, mi parlava di Castaneda, Mastorna, Mandrake
complimentarmi per Quelli della notte, il suo telefono era sull’elenco, la sua segreteria una specie di agenzia. Mi disse: farò Indietro tutta e ti vestirò da gallina». «Pensai, si sarà bevuto il cervello, ma Renzo mi sembrava il Vittorio De Sica della tv, elegante, affabile, seducente. Con lui non si sapeva mai nulla, si improvvisava. I settimanali tirarono fuori la storia della minorenne col professore di cui si innamorò mentre le parlava di Platone. Ci furono processi, li vinsi tutti». Nicoletta dopo trent’anni ancora si ritrae, non vuol dire come si chiama il professore e il titolo del romanzo, «che è anche brutto. Una vicenda che ha segnato la mia vita.. Ma la possibilità di avere successo in un altro ambito, mi ha fatto far pace col passato. Ho incontrato la musica grazie a Lilli Greco, compositore e discografico che ho amato ma non c’è più».
Il teatro è il suo guscio: Scaccia, Haber, Bucci, Wertmüller. E poi i concerti. Legge dal cellulare, con la sua voce profonda e leggera, fatalista e imperiosa, un pensiero che le ha scritto Paolo Conte: ogni volta che un’attrice prende d’assalto una canzone si sprigiona un calore diverso, e Nicoletta sa trasformare il visionario in cui galleggiano i personaggi delle canzoni nel realismo delle figure sceniche.