Il Lazio usa il farmaco frena-virus
La Regione somministra la clorochina ai positivi con pochi sintomi. E dice no ai tamponi di massa come in Lombardia
Per battere il coronavirus i medici nel Lazio giocano la carta dell’idrossiclorochina, un farmaco anti artrite. Con una condizione: la tempestività. I trattamenti vanno iniziati subito, appena si manifestano febbre o tosse. Il farmaco che viene prescritto, normalmente usato come antimalarico e contro l’artrite, è un antinfiammatorio molto forte. «Va usato con tutte le cautele», spiega Pierluigi Bartoletti, vice segretario nazionale della
Federazione italiana medici generici. «Ma chi può prenderlo sta rispondendo bene». Sono operativi quattro camper per gli interventi nei piccoli focolai, come quello in azione a Nerola dopo che nella casa di riposo sono stati accertati 56 casi di positività. E la Regione, al momento, dice no ai tamponi di massa.
Contro la «peste» del 2020 bisogna giocare in contropiede. E nel Lazio i medici hanno deciso che per battere il coronavirus (che - dati di ieri - ha già colpito 2.295 persone e ne ha uccise 118) i trattamenti farmacologici vanno iniziati subito. Appena si manifestano febbre o tosse. Con un farmaco antiartrite: l’idrossiclorochina. «Per chi è risultato positivo ed è in isolamento domiciliare, da qualche giorno abbiamo anticipato le cure, iniziandole alla comparsa dei primi sintomi», ha spiegato Pierluigi Bartoletti, il vice segretario nazionale della Fimmg (Federazione italiana medici generici).
Il farmaco che viene prescritto, normalmente usato come antimalarico e per combattere l’artrite, un antinfiammatorio molto forte, sta dando già dei buoni risultati.«Certo va usato con tutte le cautele del caso, va valutato paziente per paziente. Può avere effetti collaterali. Ma chi può prenderlo sta rispondendo davvero bene. Abbiamo capito infatti - prosegue Bartoletti - che l’influenza da coronavirus ha un andamento in due fasi. E che spesso nella seconda, la situazione precipita in fretta e si rischia di finire intubati, in crisi respiratoria, in terapia intensiva in un paio di giorni. Questo farmaco invece sta mostrando che può darci un vantaggio su una malattia ancora poco conosciuta. Dobbiamo sfruttarlo. E ci sta anche aiutando ad evitare che gli ospedali si riempiano».
Il camper
Nell’equipaggio del camper che per due giorni ha offerto il suo supporto nella difficile situazione di Nerola, paese di quasi duemila anime a 40 chilometri da Roma, dopo che nella casa di riposo «Maria Immacolata» sono stati accertati 56 casi di positività al Covid-19, c’era anche lui, Bartoletti: «Fare i tamponi a 50 persone il primo giorno e a 100 ieri è stata l’attività minima racconta -; la gente ha bisogno di informazioni, deve sapere cosa fare per riconoscere i sintomi e eventualmente come comportarsi se si scopre di essere stati contagiati. Abbiamo visitato i pazienti. Spiegato perché è importante misurare costantemente la temperatura. Abbiamo consigliato di procurarsi un ossimetro per controllare la saturazione del sangue». Quella di un’unità mobile è un’idea nata e realizzata nell’arco di sette-otto ore: il tempo di reperire un mezzo adatto (grazie al Rotary) e di mettere su un equipaggio di sei persone. Sarà utile per gestire casi di mini focolai, proprio come nella zona rossa di Nerola. «O comunque potrà arrivare dove ci sono problemi per raggiungere i propri medici». Già dai prossimi giorni, con molta probabilità tra lunedì e marte
dì, i camper a disposizione (reperiti tra quelli che il Papa aveva donato al fine di portare assistenza medica nelle parrocchie) diventeranno quattro. «Il tempo - conclude Pierluigi Bartoletti - di allestire gli equipaggi e di reclutare quindi medici che siano già preparati ad affrontare una simile emergenza». Prossime tappe: Fondi, dove è stato isolato il primo focolaio del coronavirus nel Lazio e prima zona rossa della regione, sede del più grande mercato ortofrutticolo del centro-sud Italia; e Guidonia, dove preoccupa - e non poco - la situazione della casa di riposo per anziani di San Polo dei Cavalieri.
I tamponi
In attesa dei risultati della sperimentazione del test rapido per il rilevamento del coronavirus, simile a quello che si usa per la misurazione della glicemia, che sta portando avanti il Gemelli, la Regione ha chiesto alle Asl e agli ospedali di individuare il personale sanitario a rischio. In modo da poterlo sottoporre quanto prima al test. Per il momento dunque nessuna estensione a tappeto su tutta la popolazione, anche se i dati parlano del Lazio come la quarta regione d’Italia per numero di tamponi effettuati: oltre 22 mila. «Uno sforzo enorme», così l’assessore regionale alla Sanità, Alessio D’Amato.