Nerola, la speranza dei test veloci
Nella zona rossa la sperimentazione del nuovo esame sul sangue dello Spallanzani per capire chi ha gli anticorpi
Da zona rossa a centro sperimentale nella lotta al coronavirus: Nerola è diventata un laboratorio da cui potrebbe partire la «rivincita» contro la malattia. Qui, grazie alla popolazione limitata, a un isolamento tempestivo e a un cluster di contagio ben identificato, lo Spallanzani ha avviato un’innovativa procedura di ricerca e mappatura del Covid-19. Assieme ai tamponi vengono effettuati altri due esami su 189 persone selezionate a campione: il «pic» per il test rapido e le analisi del sangue. Dai risultati si attendono risposte sia sull’efficacia dei metodi ricerca che sull’evolversi del virus su guariti e asintomatici. Criticità nel porto di Civitavecchia, mentre, sul fronte dell’economia, lancia l’allarme il bistrot «’Na cosetta»: «Siamo rovinati, non riapriremo più».
Da zona rossa e temuto focolaio a centro sperimentale e speranza nella lotta al virus. Assorbito lo smarrimento e metabolizzata la paura, Nerola è oggi un orgoglioso caso di studio.
Qui, grazie a una popolazione limitata, a un isolamento tempestivo e a un cluster di contagio ben identificato, lo Spallanzani ha avviato un’innovativa procedura di ricerca e mappatura del Covid-19. Assieme ai tamponi, che al ritmo di poco meno di un centinaio ogni giorno sono arrivati finora a coprire un terzo dei 1.980 abitanti, vengono effettuati altri due esami su 189 persone selezionate a campione: il «pic» per il test rapido e le analisi del sangue. Dai risultati incrociati di questi dati si attendono risposte sia sull’efficacia dei metodi ricerca che sull’evolversi del virus su guariti e asintomatici.
I test vengono effettuati sul campo dall’equipe guidata dal dottor Pierluigi Bartoletti, vice presidente dell’Ordine dei medici di Roma, che ha svolto ieri gli esami sui primi 80 abitanti del paese selezionati dalla direzione sanitaria dello Spallanzani per età (dai dodici anni in su), sesso e sopratutto «prossimità al cluster», vale a dire i parenti e le persone più vicine ai contagiati. Le prime risposte sono attese fra due giorni: «È chiaro che è un lavoro lungo e complesso anche per i soliti limiti di mezzi e personale — dice Bartoletti — ma in prospettiva può dare grandi risultati e spazzare il campo dai tanti dubbi e false certezze che circolano assieme al virus».
Il «caso» Nerola è scoppiato a metà della scorsa settimana con la scoperta di 72 casi positivi, tra ospiti e inservienti, nella casa di riposo Maria Santissima Immacolata. L’ospizio è stato evacuato e il paese blindato. Chiuse tutte le strade secondarie, presidiate da esercito, polizia e carabinieri le tre vie di accesso principali. I timori si sono acuiti con la scoperta di altri soggetti positivi al di fuori della struttura, tra cui un medico di base che prestava servizio anche lì. La situazione ad oggi è stabile, il numero di positivi è limitato a meno di dieci e la riapertura fissata all’8 aprile sembra meno lontana.
Fin dal primo momento la sindaca Sabina Granieri ha chiesto a gran voce i tamponi per l’intera popolazione e in tantissimi concittadini si sono presentati volontariamente al camper dell’Omceo per sottoporsi ai test nei primi giorni, tanto che molti sono stati rimandati a casa nei primi due giorni per mancanza di tamponi. Ora, con il nuovo metodo di indagine sembra arrivata anche una maggiore serenità: «Siamo fieri di poter essere utili alla ricerca — dice la sindaca Granieri —. Per fortuna i casi oltre a quelli già accertati sono limitati ed è importante che tutti si sentano coinvolti in questa fase». La speranza di Nerola è ora quella di tutti.