La grave crisi del cinema Leone: «Burocrazia folle, sulla pelle dei dipendenti»
Andrea, figlio del regista Sergio: non posso integrare la loro Cig
«Assurdo» sospira Andrea Leone, figlio del grande regista Sergio e imprenditore della Leone Film Group, l’azienda che ha distribuito film come «1917» e, a ritroso, «The wolf of Wall street» o «Perfetti sconosciuti». Da amministratore delegato della sua società aveva trovato la quadra fra impresa e solidarietà ipotizzando una cassa integrazione al cento per cento di stipendio per i suoi dipendenti, trentasette persone che lavorano a tempo pieno per la Leone film Group e la Lotus. Invece no. Non si può fare, dicono in coro i consulenti del lavoro ascoltati finora. «Assurdo» torna a ribadire l’imprenditore cinquantaduenne.
Andrea Leone lei aveva pensato di mettere le mani al portafoglio per sostenere i suoi dipendenti?
«L’idea era di non lasciare indietro nessuno, di aiutare tutti a portare a casa lo stipendio di sempre»
Come?
«Avrei fatto domanda per la cassa integrazione. L’Inps avrebbe erogato il contributo previsto in questi casi, non so mettiamo il 60-70 per cento dello stipendio. Io avrei integrato
la somma fino a coprire il cento per cento»
Perché?
«Perché non si può far pagare il prezzo della crisi da coronavirus ai propri lavoratori. In questo modo avrei salvaguardato l’azienda e i suoi dipendenti. Ed ecco l’assurdo, l’impensabile, l’inconcepibile...»
Ovvero?
«Mi hanno detto che non di può. Se dovessi contribuire, sia pure in parte, a erogare lo stipendio l’Inps non potrebbe più erogare la cassa integrazione»
E’ chiaro. Se puoi permetterti di pagare lo stipendio ai tuoi dipendenti, sia pure in minima parte, allora perdi il diritto di ricorrere alla cassa integrazione, giusto?
«In una situazione normale forse lo capirei. Ma sta saltando l’economia nazionale e non solo. E’ in corso una pandemia globale. Il mondo fuori sta crollando. E qui, da noi, in Italia, ci preoccupiamo di un cavillo. Trovo inconcepibile venire penalizzati per una cosa del genere»
La Leone Film Group è chiusa al momento?
«Sì, siamo in lockdown dal9 marzo, il giorno in cui sono partite le misure di distanziamento sociale»
Fate previsioni sulla ripresa?
«No. I cinema da cui dipendiamo strettamente sono quelli che riapriranno per ultimi probabilmente. E anche quando verranno riaperti dovranno mantenere il rispetto di alcune regole di distanziamento sociale. Mi pare chiaro che la ripresa del settore sarà lentissima»
I suoi dipendenti lavorano da remoto?
«La metà è in smart working sì»
Saranno angosciati. Esistono altre soluzioni?
«La prima che mi hanno proposto è quella di decurtare lo stipendio ai manager, poi ci sarebbe quella di erogare un bonus una tantum per coprire quello che òa cassa integrazione non arriva a coprire»
Che farà?
«Ancora non so. Ma io e mia sorella ci siamo già tagliati lo stipendio»
L’idea era aiutare tutti a portare a casa lo stipendio di sempre
Le norme
«Capirei in tempi normali ma adesso sta saltando l’economia mondiale...»