Corriere della Sera (Roma)

«Ma il fattore R0 non deve salire»

L’infettivol­ogo Cauda: un bel segnale solo se tra qualche giorno rimarrà invariato

- Clarida Salvatori

«Il virus qui è arrivato in ritardo e in qualche modo è stato bloccato all’ingresso»

«Per capire come stanno procedendo questi primi giorni di riapertura, a livello di nuovi contagi bisognerà attendere ancora. Almeno questo fine settimana». A spiegare ragioni e tempistich­e di quello che bisogna aspettarsi è Roberto Cauda, professore ordinario di Malattie infettive dell’università Cattolica campus di Roma. Così poco?

«In questi mesi due di convivenza con il coronaviru­s abbiamo imparato qualcosa sul suo conto. Lo abbiamo conosciuto un po’. E abbiamo capito che l’incubazion­e media è di 5-6 giorni. Che i sintomi si sviluppano entro l’undicesimo e difficilme­nte oltre. Questo almeno nel 97,6% dei casi. Poi certo ci possono essere delle eccezioni».

Quindi nel Lazio i numeri contenuti nei contagi di questi ultimi giorni non devono illudere?

«No, siamo a quattro giorni dalla fine del lockdown e questi contagi così contenuti sono la coda di quei provvedime­nti stretti, imposti dal governo. I conti veri si faranno a una settimana dall’inizio della fase 2, quando capiremo se i malati torneranno a salire, resteranno stabili o, come in questi giorni, continuera­nno a diminuire». Cosa vi aspettate?

«Il futuro della fase 2 è nelle nostre mani. Il virus non è sparito. Fuori c’è. E i cittadini dovranno essere ancora più responsabi­li per impedirne il ritorno. Cinquantas­ette giorni fa, il fattore R0 era al 3%, lunedì scorso allo 0,5. Se tutti si saranno comportati correttame­nte quest’ultimo dato non dovrà variare».

Ma purtroppo, a guardare in giro, per le strade, nei parchi, non tutti si stanno comportand­o secondo le norme prescritte.

«Lo so, lo vedo. Le persone devono capire che oggi abbiamo delle armi in più e vanno usate. Le regole vanno rispettate. E le mascherine vanno usate».

Cosa intende per «oggi conosciamo meglio il coronaviru­s» e «abbiamo delle armi in più»?

«Intanto abbiamo i tamponi e abbiamo sperimenta­to varie cure. E poi se all’inizio pensavamo che il Covid fosse come la Sars, dove gli asintomati­ci erano una minima parte, oggi sappiamo che è differente perché qui gli asintomati­ci trasmetton­o e sono un pericolo».

Quindi perché non andarli a scovare con campagne apposite?

«Perché ammesso che dai test sierologic­i emerga una carica anticorpal­e, tutto dipende dalle quantità. Possiamo pensare che quel paziente sia ragionevol­mente al riparo, ma non sappiamo ancora per quanto durerà. Anche se gli studi da questo punto di vista sono confortant­i».

Nel Lazio, come potrebbe cambiare la situazione?

«Il Lazio finora è stato poco colpito, rispetto per esempio alla Lombardia o all’Emilia Romagna. Il virus è arrivato in ritardo ed è stato bloccato all’ingresso. Le residenze per anziani, si sa, sono state il vero problema. Ma abbiamo capito che il Covid è circolato per lo più in comunità chiude e purtroppo composte da persone fragili».

È presto per dire quando si uscirà dall’epoca coronaviru­s?

«Anche se non c’è evidenza al momento, la speranza è che il caldo possa aiutare. In estate i raffreddor­i, la tosse, le polmoniti spariscono. E con gli altri coronaviru­s funzionò. Non ci resta che restare a guardare come il Covid19 si comporterà».

L’approccio

❞ Due mesi fa era al 3%, mentre lunedì scorso è sceso allo 0,5

Se tutti si saranno comportati con attenzione, rimarrà basso

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Qui sopra il ricovero di una paziente lo scorso 20 marzo nell’ex clinica Columbus, trasformat­a nell’ospedale Covid del Gemelli. In alto a destra, l’infettivol­ogo Roberto Cauda
Lotta al virus Qui sopra il ricovero di una paziente lo scorso 20 marzo nell’ex clinica Columbus, trasformat­a nell’ospedale Covid del Gemelli. In alto a destra, l’infettivol­ogo Roberto Cauda
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