Gente allo schermo
Il progetto di Carlotta Domenici, foto-diario di 452 volti nel mondo
Connessi, o al telefono, durante l’isolamento: pugili, atleti, ballerini, musicisti, infermieri...
Prigionieri del telefono, strumento di connessione e simbolo dell’isolamento che ci ha accompagnati durante il lockdown. Nasce da uno sprazzo di intimità, in tempi in cui anche il lessico familiare è filtrato dalla tecnologia, il progetto #Iorestoincam di Carlotta Domenici De Luca, 42 anni, romana, fotografa e scrittrice: «Stavo parlando con mio padre su Skype e mi è venuta voglia di scattargli un ritratto». Ed ecco che l’idea di documentare un passaggio epocale, la condizione di smarrimento che ci accomuna, inizia a prendere forma: «Mai come in questo momento viviamo dentro uno schermo, così ho creato un set con il pc come palcoscenico e l’interlocutore al telefono nel ruolo di protagonista». Dal 9 marzo ha fotografato più di 450 persone: un rito quotidiano che, tramite il passaparola, l’ha portata a interagire con sconosciuti (l’80 per cento dei volti catturati dal suo obiettivo) in tutto il mondo. «Tra gli incontri virtuali che mi hanno più colpita quello con un giovane proveniente da una zona sperduta del Kenya che, per trovare la copertura di rete, si è dovuto spingere a piedi fino all’aeroporto». E ancora: «Una pastora spagnola trasferitasi a Luchon, in Francia, dove accudisce un gregge di pecore». Molte le scoperte in oltre due mesi: «Mi ha sorpresa la scena artistica del Pakistan, anche femminile... non immaginavo un simile fermento. Ho fotografato una ragazza che si è dipinta il viso di rosso e con le mani ha mimato il gesto di uscire dal monitor. Un’altra ha posato con un fiore in bocca, trasfigurando l’immagine della mascherina diventata ormai ossessiva». Pugili, atleti, ballerini, musicisti, finanche uno scrittore di libri horror indiano-americano, Owl Goingback, ai quali Domenici De Luca ha chiesto di corredare la foto con un pensiero significativo della crisi che stiamo vivendo. «Ho raggiunto anche persone che si sono ammalate di coronavirus e sono guarite: sono loro ad avermi chiesto di partecipare». Nella galleria di ritratti, che dopo l’ultimo clic («Quando tutto sarà finito») l’autrice vorrebbe trasformare in un libro e in una mostra itinerante, anche un’infermiera di un reparto Covid di Siviglia: «Ha voluto mostrarmi la vestizione prima di iniziare il turno e mi ha spiegato come il suo compito non si limiti all’assistenza sanitaria, ma implichi anche il supporto psicologico a pazienti che si trovano in isolamento, privati di qualsiasi contatto umano». Convinta che questo sia «il progetto della mia vita», legato alla narrazione di periodo storico senza precedenti, la fotografa confessa: «La sera, a volte, dopo aver spento il telefono ho pianto... ma si sta rivelando un’esperienza unica confrontarmi con persone mai viste prima che condividono sensazioni simili, ciascuna con un suo tratto particolare».
Ritratti
Protagonisti