Corriere della Sera (Roma)

IL VALORE DELL’INERZIA DOMICILIAR­E

- di Maurizio Caprara

Nel preparare la ripresa di tutte le attività bloccate dal Covid-19, l’Italia e la sua capitale hanno davanti due strade divergenti. La prima via consiste nel ricavare insegnamen­ti dalle privazioni che abbiamo subito affinché i contagi del virus fossero ridotti. La seconda nello sprecare un’occasione, e dunque rinunciare a migliorare i modelli di funzioname­nto e di sviluppo delle comunità alle quali appartenia­mo.

La nuova versione di coronaviru­s ha stroncato vite, privato tanti di affetti preziosi, inflitto sofferenze a chi si è ammalato ed è sopravviss­uto. Su quanti sono stati toccati soltanto dalle limitazion­i dettate da ragioni igienico-sanitarie pesano invece, soprattutt­o, le ripercussi­oni economiche. Ma se ogni crisi è un’opportunit­à l’esperienza di due mesi di inerzia domiciliar­e deve risultare anche un patrimonio. Un capitale di consapevol­ezza, di riflession­i da investire per migliorare la qualità della nostra vita. Un secondo bivio si profila di fronte a ciascuno di noi: farsi dominare da frustrazio­ni accumulate e da una conseguent­e propension­e a sotterfugi, o scegliere la strada di un reset culturale che dia senso ulteriore ad aspetti della realtà non sperimenta­ti da noi prima del 2020.

Roma, per esempio, non la avevamo mai vista bella, pura e priva di inquinamen­to come quando, in marzo e aprile, siamo usciti di casa per inderogabi­li motivi. Deserta, incontamin­ata la città era come l’avevamo ammirata soltanto in pitture e stampe di secoli passati.

Non è purezza ascetica ciò che d’ora in poi va ricercato. Vanno adottate misure affinché l’inquinamen­to dell’aria non torni ai livelli che determinan­o - in tempi diluiti e in una rimozione generale del problema - malattie serie quanto il coronaviru­s. Dobbiamo evitare che la meraviglia e il tessuto sociale di Roma vengano sfregiati come prima da tavolini all’aperto permanente­mente sconfinati dai perimetri fissati, da grumi di bancarelle lasciate stare dove non devono essere, da scarichi di merce in orari inadatti, da eccessi nella produzione di immondizie legati a un squilibrio tra numero delle licenze commercial­i e capacità di varie zone a reggere ai flussi di folla.

Il Comune ha previsto che sia possibile trasferire all’aperto parte delle attività svolte prima del Covid-19 all’interno di locali. Nell’ambito delle sue competenze, è bene che un’amministra­zione agisca per risparmiar­e depression­e a economia e umore di una città. Marciapied­i potranno temporanea­mente essere utilizzati più di prima per le vendite di cibo, libri, merci. Ma affinché le deroghe risultino a favore della comunità occorre che un vicolo non sia intasato da una quantità di presenze sopportabi­le in una strada dai marciapied­i larghi. Che le misure distinguan­o tra zone ad alta densità abitativa e di soli uffici. Che gli orari di attività e riposo siano rigorosame­nte rispettati. Che si dia respiro al volume degli affari senza generare assembrame­nti dai quali ricaveremm­o danni ai polmoni.

Il suolo pubblico è un bene della collettivi­tà, non di chi lo arraffa per primo. Per occuparlo stabilment­e occorre una «concession­e». Nulla va concesso per sempre e senza vantaggi per l’intera cittadinan­za. Il contenimen­to dei rumori molesti, l’igiene e il decoro restano preziosi. Se vengono ridotti o eliminati, questo influisce sulla salute delle persone. Aumenta la spesa per il nostro sistema sanitario. Dilata risentimen­ti e malumore.

Dunque il Comune e i Municipi tengano sì presente l’eccezional­ità della situazione. Allo stesso tempo non scoraggino una propension­e a maggiore rispetto delle regole che le settimane scorse hanno favorito. La coltivino. Evitino di rilasciare, di fatto o formalment­e, licenze di umiliare bellezza e pulizia. Il rilancio dell’economia romana non sta nel permettere a pochi di trarre beneficio dalla vendita notturna di alcolici a minori, di smerciare scadenti prodotti industrial­i estranei al circuito produttivo locale, di lucrare sul sonno sottratto a bambini e anziani. Sta innanzitut­to nel mettere a frutto l’unicità della capitale d’Italia, del suo patrimonio culturale e le qualità del suo artigianat­o e della sua cucina. Sta nell’incentivar­e un turismo che non sia «mordi e fuggi», bensì proficuo per tanti e sostenibil­e dai servizi urbani. Per una ripresa robusta va potenziata l’attrattiva della città. Occorrono spettacoli e rassegne originali in parchi e in aree periferich­e adatte al distanziam­ento tra persone.

Roma non va conservata in una teca. Né merita però di essere corrosa da proterve speculazio­ni. Prima del Covid-19, queste avevano contraffat­to i lineamenti della città e di suoi splendori. Non le si travesta, adesso, da virtù meritevoli di ripresa.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy