I clan riciclano anche col cibo d’asporto
Sequestrati esercizi in Centro, tra cui il chiosco appena rifatto a piazzale Flaminio
Due mesi fa i partecipanti al Grande Fratello Vip ringraziavano (in diretta tv) il gruppo Katanè per aver offerto loro una cena a base di specialità siciliane in pieno lockdown. Segno che il coronavirus non ha bloccato gli affari del gruppo guidato da Gaetano Vitagliano, ritenuto vicino al clan camorrista e scissionista degli Amato-Pagano. E, ieri, la Finanza ha sequestrato 7 bar e pasticcerie tutti riconducibili al gruppo. Tra cui il chiosco appena rifatto a piazzale Flaminio.
Il coronavirus non li ha mai preoccupati. Anzi, sotto certi punti di vista è stata un’occasione per stringere i tempi, anche con forme – come le considerano gli investigatori – di pubblicità occulta in diretta tv. A cominciare dai ringraziamenti con applausi e fischi di approvazione da parte dei vip in gara solo due mesi fa nella Casa del Grande Fratello, quando hanno scartato sorridenti lasagne e altri piatti pronti forniti dalla produzione del reality, accompagnata dal nome di chi li aveva cucinati e consegnati – i bar della catena «Katané» – e da biglietti di incoraggiamento con gli slogan più conosciuti per affrontare il lockdown. Per loro un gioco o poco più, per il resto del mondo un obbligo per salvarsi la vita. Allo stesso tempo, come hanno scoperto i finanzieri del comando provinciale della Capitale, con il Gico del Nucleo di polizia economico-finanziaria, il gruppo guidato da Gaetano Vitagliano, 46 anni, ritenuto vicino al clan camorrista e scissionista degli Amato-Pagano (Napoli nord), proseguiva negli investimenti nel centro di Roma.
Affari mirati, regolari, compravendite sottoscritte davanti a notai e commercialisti, come hanno scoperto ancora una volta le Fiamme gialle solo ieri mattina, acquisendo a sorpresa la documentazione dell’acquisto di due locali ben avviati de «I Siciliani» in via Catania (con laboratorio annesso) e via
XX Settembre, insieme con un bar in via del Corso, attualmente in ristrutturazione ma in posizione ottima per gli affari. Tutti e tre sono stati sequestrati e si aggiungono agli altri quattro bar-pasticceria della catena «Katané», colpiti a inizio aprile dal decreto di sequestro emesso dai giudici della sezione Misure di prevenzione del tribunale: via Tiburtina, via Volturno, viale delle Province e lo storico locale al centro di piazzale Flaminio, l’ex Caffè dell’Orologio, aperto dal 1927 al 2017 prima di cadere in disgrazia. Aveva riaperto appena un mese prima del lockdown. Il più famoso dei beni per un valore stimato in dieci milioni di euro, ora quasi tutti con le saracinesche alzate ma gestiti da custodi giudiziali, che rappresentano secondo gli investigatori il prosieguo naturale dell’attività di Vitagliano, interrotta nel giugno 2017 con il suo arresto da parte dei carabinieri nell’operazione Babylonia: riciclaggio in grande stile di guadagni provenienti dal traffico di droga, con intestazioni fittizie a parenti e prestanome. Adesso, come hanno scoperto ancora le Fiamme gialle, i familiari lavoravano in via Tiburtina e svolgevano di persona i colloqui per l’assunzione del personale. All’epoca i primi sequestri avevano riguardato locali con il marchio «Mizzica!», della società Sapori di Mizzica, come quelli di via Catanzaro, ancora nella zona di piazza Bologna scelta perché molto redditizia fra uffici e università, e piazza Acilia (quartiere Trieste). E d’altra parte il logo – la ruota di un carro e sullo sfondo l’Etna stilizzato – era rimasto più o meno lo stesso (adesso mezza ruota) anche nel nuovo marchio, questa volta non registrato, al quale era stata aggiunta solo la specifica «Specialità siciliane». Dietro i nuovi locali, come hanno accertato ancora i finanzieri, c’erano poi ex dipendenti di quelli vecchi, che partecipavano alle società interessate: Caffè Tiburtina 2018, Regina, Giolitti 23. La conferma che tutto era rimasto come prima, anzi addirittura meglio, perché le attività con la vendita di asporto non hanno mai chiuso. Nonostante il Covid-19.