Corriere della Sera (Roma)

Negro: «Io, Gazza e Mancio Il ricordo più bello è la vittoria sullo United»

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La Lazio nel cuore, nei ricordi e su Whatsapp. Accanto al numero di telefono di Paolo Negro, due cuori: uno bianco e uno celeste. «La Lazio è una parte troppo importante della mia vita. E ha visto l’immagine del profilo di Instagram?».

Lì si chiama black_p72: una sua foto di spalle e, davanti, tante coppe in bacheca. Ma è casa sua?

«No, è un disegno che mi ha inviato un tifoso della Lazio. È bello ricevere ancora tanti messaggi: per molti sono rimasto un idolo, mi fa strano. I miei idoli erano altri».

Tipo?

«Sono cresciuto con il poster di Platini in cameretta. Poi in carriera ho vissuto nello stesso spogliatoi­o di tantissimi campioni».

Dovesse sceglierne uno? «Ne dovrei scegliere venti. Parto da Gascoigne, ma anche Signori, Boksic, Salas, Stam, Veron, Nedved, Simeone. Forse però il salto di qualità a livello di mentalità c’è stato con l’arrivo di Mancini».

Il 19 maggio del 1999, 21 anni fa, la vittoria della Coppa delle Coppe, a Birmingham, contro il Maiorca. Negro in panchina. Ci rimase male?

«Sì, perché volevo giocare sempre, ma ovviamente accettai

❞ L’autogol nel derby? Rischi del mestiere. Ma i romanisti per molto tempo si sono potuti attaccare soltanto a quello»

la decisione senza fiatare. Eriksson fece turnover, anche perché quella partita arrivò tra le ultime due di campionato. Ricordo le capriole in campo e la festa al ritorno in Italia: indimentic­abile».

Quattro giorni dopo avreste chiuso la Serie A al secondi. Un altro anno di attesa.

«Ma non è quello il rimpianto più grande. Lo metto dietro alla Champions: in quegli anni avremmo potuto fare molta più strada».

Il trofeo a cui è più legato? «Ce ne sono tre. Il primo è la Coppa Italia del 1998, dove tutto iniziò; poi c’è lo scudetto; ma più di tutti la Supercoppa

Europea vinta contro il Manchester United degli invincibil­i. E se riuscimmo a giocarla, fu proprio grazie alla Coppa delle Coppe».

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