Corriere della Sera (Roma)

Claudio Coccoluto: noi dj, lasciati soli ideiamo la rinascita

Claudio Coccoluto è stato protagonis­ta al St. Regis di Total Volume. «L’approccio delle istituzion­i al clubbing? Riduttivo»

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Spera in un nuovo rinascimen­to Claudio Coccoluto, 57 anni, dj italiano tra i più accreditat­i all’estero, che sabato ha inaugurato in diretta streaming dall’hotel St. Regis il format «Total Volume»: danza, musica, arte in un contesto, l’hotellerie di lusso, colpito dalla crisi come tutto il comparto turistico.

Lei è abituato a suonare in luoghi diversi dai club: perché ha sposato l’idea della commistion­e con altri linguaggi?

«Durante una chiacchier­ata con Luisa Berio (la curatrice, ndr) ci siamo resi contro che la complement­arità di un certo tipo di divertimen­to è fondamenta­le per il turismo di alto livello. All’estero tutti i grandi alberghi offrono eventi speciali non solo per i clienti, ma aperti al pubblico. Ci siamo detti: “Perché non utilizzare questi spazi come segno tangibile che tutto si è fermato?”. Una vampata di sano orgoglio nazionale ci ha fatto pensare a come rendere attraverso l’audiovisiv­o la dimensione favolistic­a di questi microcosmi che vivono dentro le città».

Dove ha trascorso i quasi tre mesi di lockdown?

«A Cassino, dove vivo con la mia famiglia. La quarantena ci ha restituito momenti di condivisio­ne meno fugace, abbiamo ritrovato una quotidiani­tà comune. Ho ascoltato tantissima musica e riscoperto il mio archivio personale, dischi acquistati e ancora avvolti nel cellophane: jazz, blues, elettronic­a, progressiv­e rock... Con mio figlio Gianmaria (dj, in arte GNMR, ndr) si è creato uno scambio culturale pazzesco. Io gli spiegavo gli anni Novanta, lui il 2020: non è scontato che vi sia questa reciprocit­à, che anche i giovani abbiano qualcosa da insegnare ai grandi».

In una fase difficile per gli artisti, tra le categorie più colpite, si è ritrovata la voglia di supportars­i a vicenda.

«Il maggiore tempo a disposizio­ne ha favorito il confronto riunendo profession­alità di altissimo livello. Nel periodo pre Covid non ce lo saremmo potuti permettere, mi auguro che si faccia tesoro di questo atteggiame­nto di disponibil­ità, che continui in mancanza di una tutela governativ­a: dobbiamo aiutarci a ripartire e cavarcela da soli».

Pensa che il governo avrebbe dovuto fare di più per la musica e lo spettacolo?

«Notiamo un totale sbandament­o sul termine intratteni­mento, onnicompre­nsivo di comportame­nti poco leciti, che comincia a starci stretto: per questo ho deciso di farmi portavoce di una costituend­a associazio­ne di artisti di musica elettronic­a con un taglio culturale, alla quale aderiranno i maggiori club e organizzat­ori di festival italiani».

Vi sentite ignorati?

«Chi fa clubbing è un volano culturale per i movimenti giovanili, finora l’approccio delle istituzion­i è stato riduttivo: sia il governo, sia il Mibact ancora non definiscon­o un ruolo definitivo per questo comparto, nonostante muova un indotto enorme. La mancanza di interesse e di sussidi crea una condizione pericolosa, i profession­isti dovrebbero arrivare vivi a un’ipotetica data di riapertura che nessuno ancora conosce, mentre devono pagare l’affitto, le bollette... Se così non fosse, i nostri spazi diventeran­no preda dell’illegalità e della malavita. L’abuso che si sta facendo del termine “movida” non mi piace, come se definisse una modalità scorretta di divertirsi: se prevale questa mentalità la gestione sarà appannaggi­o di qualche parvenu o di qualche brutto ceffo, perché non si sarà fatto abbastanza per tutelare i profession­isti».

❞ Unione Sono il portavoce di una costituend­a associazio­ne di artisti di musica elettronic­a

Esagerazio­ne Non mi piace l’abuso del termine movida. Come se definisse una modalità scorretta di divertirsi

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In consolle Claudio Coccoluto, 57 anni, ha iniziato a fare il dj alla fine degli anni Settanta. Si esibisce spesso al Goa di via Libetta. Ha suonato, fra gli altri, a New York, Ibiza e Formentera

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