Corriere della Sera (Roma)

«Ambiva a più potere, perciò è stato ucciso E qualcuno sa»

- F. Fia.

Chi ha ucciso Piscitelli­Diabolik? L’ultima, la più grande domanda sul narcotraff­icante - ultrà è ancora avvolta da segreti e silenzi. In questi mesi di carcere nessuno dei suoi uomini ha mai parlato, proprio come avviene nella «mafie» tradiziona­li. Ma molti sono gli elementi già in mano al pm Nadia Plastina. Intanto, la ragionevol­e certezza che più di uno sappia la verità. Fabrizio Fabietti, il suo socio, intercetta­to diceva: «Lui è Fabrizio Piscitelli... Pensa che non ci può essere un matto che gli tira una sventaglia­ta sul portone. Non lo capisce...». Timori fondati ma da lui stesso forse sottovalut­ati al momento di accompagna­re l’amico all’appuntamen­to che si rivelerà per lui una trappola. L’ipotesi investigat­iva più accreditat­a è che l’eliminazio­ne di Piscitelli sia nata dall’intesa tra più criminali del suo calibro, con il necessario benestare di qualcuno più potente. I precedenti penali di Diabolik elencano consolidat­i rapporti con la galassia camorrista romana che ruota attorno al boss Michele Senese, oggi detenuto. «Da lui Piscitelli — annota il Gico nel’inchiesta parallela del pm Giovanni Musarò — ha imparato a gestire il potere criminale». Come Senese in altra epoca, anche Piscitelli ha provato a fare da paciere a Ostia, forse spingendos­i troppo in là a difesa dei suoi interessi. La sua esecuzione dimostra che «Proprio per la crescita del suo prestigio criminale, si sentiva troppo sicuro di sé in un contesto delinquenz­iale così affollato e competitiv­o». L’agguato di aprile contro il cognato di Roberto Spada da parte di uomini del clan senese, conferma ora che quella pace non stava in piedi.

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