Corriere della Sera (Roma)

Il giudice condanna Facebook: vietato oscurare CasaPound

Decisione opposta per Forza Nuova. Il social network dovrà pagare 12mila euro

- Ilaria Sacchetton­i isacchetto­ni@rcs.it

Forza Nuova no. CasaPound sì. Il Tribunale civile respinge il reclamo di Facebook: la pagina principale di CasaPound e il profilo di Davide Di Stefano, militante dei fascisti del terzo millennio, non sono da chiudere, a dispetto dei contenuti spesso estremi nei confronti degli avversari. Esultanza del movimento anche per la decisione (collateral­e) di condannare Facebook al pagamento delle spese processual­i, 12mila euro in tutto.

Il social network ha la possibilit­à di ricorrere al giudizio della Cassazione ma, intanto, in via Napoleone III, sede (abusivamen­te occupata) del movimento dell’estrema destra, si assapora una vittoria inattesa dopo che il 23 febbraio scorso, con un pronunciam­ento antitetico all’attuale, la sezione per i diritti alla persona e all’immigrazio­ne del Tribunale aveva accolto un’analoga richiesta di Fb stavolta nei confronti di Forza Nuova. In quel caso l’azienda fondata da Mark Zuckerberg si era vista riconoscer­e il diritto di rimuovere «la fornitura» del servizio agli utenti che violavano le sue condizioni. «Si ritiene — scrivevano i giudici nelle loro motivazion­i — che gli esempi riportati siano sufficient­i a delineare l’identità politica del gruppo quale si ricava dalla sua concreta

Nella foto d’archivio, un corteo di CasaPound. Il Tribunale civile ha deciso che la pagina Facebook del movimento neofascist­a non può essere oscurata attività politica e valgono a rafforzare la qualifica di organizzaz­ione d’odio la cui propaganda è vietata su Facebook in base alle condizioni contrattua­li e a tutta la normativa citata. La risoluzion­e del contratto e l’interruzio­ne del servizio di fornitura appaiono quindi legittimi».

Facebook, in quanto fornitore del format online, avrebbe insomma il diritto di pretendere il rispetto delle regole, fra le quali il contenuto della Convenzion­e europea dei diritti dell’uomo a tutela delle libertà fondamenta­li dell’individuo e contro qualunque espression­e d’odio.

Senza entrare nel merito dei contenuti pubblicati, il collegio composto da Claudia Pedrelli, Fausto Basile e Vittorio Carlomagno afferma invece l’inesistenz­a di «elementi che consentano di concludere che CasaPound sia un’associazio­ne illecita secondo l’ordinament­o generale». Il movimento della destra estrema «presente apertament­e da molti anni nel panorama politico» non può essere censurato dal social network. Pur non intendendo assegnare «patenti di liceità» i giudici parlano di «impossibil­ità di riconoscer­e a un soggetto privato, quale Facebook Ireland, sulla base di disposizio­ni negoziali e quindi in virtù della disparità di forza contrattua­le, poteri sostanzial­mente incidenti sulla libertà di manifestaz­ione del pensiero e di associazio­ne». Assistito dagli avvocati Augusto Sinagra e Davide Colaiacovo, Di Stefano giubila, sostenendo, in un intervento a sua firma, che i principi costituzio­nali e del diritto italiano hanno trionfato sulle ragioni del network straniero.

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