Parchi e cortili, il calcio dei ragazzi
Le «nuove» regole: i contrasti sono vietati, si segna solo al volo e solo da fuori area
I ragazzini in città si organizzano, si attrezzano e attraverso «nuove» regole ad hoc tornano a giocare a calcio nei cortili dei palazzi e nei parchi. Per non correre rischi sono vietati i contrasti con l’avversario, si può segnare solo calciando al volo e da fuori area. Per sicurezza, ogni tanto, si mette il pallone sotto la fontanella prima di ricominciare. I grandi guardano con le mascherine le sfide tre contro tre e tengono in mano quelle dei figli, aspettando che finiscano.
Garbatella Non si può entrare nell’area avversaria, si calcia e si segna soltanto da fuori. E la palla, ogni tanto, sotto la fontanella
Adesso che i parchi sono aperti e si può scendere sotto casa, andateci voi a dire ai bambini che non si può giocare a pallone. Perché di quello si tratta, il calcio è un’altra cosa, almeno per il momento. Il comitato regionale Lazio ha diffidato le società che si stavano attrezzando per riprendere l’attività di scuola calcio e settore giovanile, ovviamente rispettando tutte le restrizioni: adesso non si può, non è il momento. Così i giovani hanno già trovato l’alternativa: «Le partitelle ce le facciamo da soli, con due felpe a terra come porte e ricordandoci a memoria chi è un compagno e chi un avversario», racconta Jacopo, 17 anni. «Mai avevo frequentato così tanto Villa Ada», dice poco prima che una pattuglia dei vigili urbani passi tra le stradine sterrate. Ti aspetti una multa o comunque un rimprovero: invece si usa il buon senso e si tira dritti, anche perché il pressing sul portatore di palla o i contrasti non hanno niente a che vedere con quelli che si insegnano a scuola calcio.
Girando per i parchi e per i cortili di quartiere, trovi palloni (e muri, per i giocatori solitari) ovunque. C’è chi approfitta dello stop prolungato dell’attività agonistica e non vuole perdere la confidenza con la palla: basta mettere a terra due «cinesini» e lo slalom tra i birilli è cosa fatta. Per non parlare della «tedesca», tornata prepotentemente di moda al tempo della fase 2. Le regole cambiano a seconda del numero civico: uno in porta, gli altri a passarsi il pallone, si segna solo al volo. Rischio zero, ancora meno se ogni tanto si mette il pallone sotto la fontanella.
Più è stretto il cortile, più bisogna inventarsi qualcosa. Alla Garbatella il pallone post-covid è un po’ pallamano e un po’ hockey. Non si può entrare nell’area avversaria: si calcia e si segna soltanto da fuori. Ed è come se il campo fosse diviso in tre zone, neanche fossimo sul ghiaccio. Ci sono le aree e c’è ovviamente una zona neutra, dove in qualche modo il pallone all’avversario bisogna toglierlo. «Qualche calcio l’ho preso ma l’ho anche dato», confessa Mattia, 9 anni, che gioca con la maglia di Zaniolo. Il papà annuisce, poi aggiunge: «La chiusura delle scuole calcio, almeno per gli allenamenti in piccoli gruppi, a noi genitori sta creando un sacco di problemi. Lì ci sarebbero gli istruttori, così siamo noi a dover fare i cani da guardia».
I grandi hanno la mascherina, e tengono in mano anche quella dei bambini, in attesa che la partitina tre contro tre finisca. La paura, però, non è passata del tutto. Non lontani dal campetto improvvisato, ci sono quattro anziani che giocano a carte: «C’è troppa gente».