Genovese, il pm: no al patteggiamento
Linea dura contro Genovese, che le uccise con l’auto a corso Francia
La Procura ha detto no alla richiesta di patteggiare la pena presentata dai difensori di Pietro Genovese, il figlio del regista che il 22 dicembre scorso ha travolto e ucciso su corso Francia le giovani Gaia e Camilla. La pena proposta, due anni e mezzo di reclusione, è stata ritenuta dal pm troppo lieve.
La procura boccia la proposta di patteggiamento avanzata da Pietro Genovese a due anni e sei mesi di reclusione (con pena sospesa) per aver travolto e ucciso Gaia e Camilla la notte del 22 dicembre scorso a corso Francia. La decisione del pm Roberto Felici si è fondata su una ragione: la pena proposta è troppo bassa rispetto alla gravita del fatto. L’istanza, se fosse stata accolta prima dal pm e poi dal gup, avrebbe avuto come conseguenza che Genovese non sarebbe andato in carcere e nemmeno avrebbe fatto i servizi sociali. Ora al ragazzo che risponde di duplice omicidio stradale - si apre la strada del rito abbreviato, dove è previsto un terzo di sconto della pena in caso di condanna. Lo stesso Genovese lo ha chiesto in subordine qualora fosse stato respinto il patteggiamento.
Il ragazzo – attraverso gli avvocati Franco Coppi e Gianluca Tognozzi - ha condizionato quest’opzione alla possibilità di sentire un testimone. Si tratta di David Rubin Moshè. L’uomo, 28 anni, ha riferito durante le indagini di aver vito sto le sedicenni attraversare lontano dalle strisce pedonali. Parole che confermano l’esistenza di un concorso di colpa delle ragazze, sostenuto dal consulente dell’accusa, l’ingegner Mario Scipione, secondo cui Gaia e Camilla hanno impegnato la corsia con il semaforo per rosso e lontano dalle strisce. Sul punto è facile prevedere un contrasto tra consulenze in udienza. Infatti, la relazione depositata dall’avvocaFranco Moretti, che assiste la madre di Gaia, la signora Gabriella Saracino, sostiene che le adolescenti hanno attraversato sulle strisce pedonali con il verde.
Ritornando al no al patteggiamento della procura, l’istanza è stata respinta anche per via della richiesta alla concessione delle attenuanti generiche. Il comportamento tenuto da Genovese, 21 anni, figlio del regista Paolo, è stato valutato però dalla procura in contrasto con tale riconoscimento per una serie di ragioni. Innanzitutto, quando ha investito le ragazze, la velocita tenuta da Genovese era di 90chilometri orari, quasi il doppio del limite consentito. Secondo la difesa, Genovese sarebbe andato a una velocità tra i 75 e gli 80 chilometri orari. Pochi istanti prima dell’impatto, per il pm, Genovese si è distratto inviando un video. Poi: subito dopo lo scontro, Genovese (ancora ai domiciliari) non si è fermato ma ha proseguito la corsa, bloccandosi solo per la rottura del motore della macchina. Infine, al momento dell’alcol test fatto quasi tre ore dopo l’incidente, Genovese è risultato avere un tasso di 1,4, quasi tre volte il consentito. La notte della tragedia, il saldo punti sulla patente del ragazzo, riscontrato dai vigli era inoltre zero. La patente gli era stata ritirata l’1 ottobre perché trovato in possesso di hashish ma gli era stata restituita il 3 dicembre. Dopo venti giorni, l’incidente.