Corriere della Sera (Roma)

«Considerat­i male e per ultimi Ci impongono regole assurde»

Coccoluto, dj e produttore: «Ignorati anche dal ministro Franceschi­ni Con noi lavorano migliaia di persone che rischiano di rimanere a casa»

- Maria Rosaria Spadaccino

Il decalogo I maggiori festival e club italiani si sono uniti per stilare le «linee» della ripartenza

Il blocco Alcune attività si erano già fermate prima del decreto governativ­o per garantire il pubblico

Discoteche e club riaprono: a luglio si torna a ballare, distanziat­i e in sicurezza. Una delle attività estive d’intratteni­mento per eccellenza sta per ripartire. Si torna in pista, è il caso di dire. La notizia non entusiasma particolar­mente Claudio Coccoluto, dj e produttore, socio e collega di Giancarlin­o nella gestione del Goa, storico locale romano. Due nomi che hanno fatto la storia del «clubbing» nazionale.

Coccoluto ha sentito, contento?

«E di cosa? Siamo stati considerat­i per ultimi e male. Ci impongono regole impossibil­i da rispettare, non capiscono che con noi lavorano migliaia di persone a casa da mesi e che produciamo divertimen­to e cultura. Ma Franceschi­ni non ci considera».

Lo avete cercato?

«Si, ovviamente, senza risultato. E allora in questi mesi ci siamo uniti nel Club Festival Commission che riunisce i maggiori festival e club di musical elettronic­a, rock e dance del paese e abbiano iniziato a stilare un decalogo di regole per la sicurezza e per la ripartenza».

E con chi ne avete parlato?

«Siamo in contatto con il ministero dell’economia che sta ascoltando le nostre istanze, insomma questo fermo forse è stato utile»

A farvi riconoscer­e come entità produttive?

«Non solo, anche a farci rendere conto che abbiamo di noi una cattiva rappresent­azione. Chi lavora nella musica, chi la produce è invisibile, per tutti. Come se non fosse un lavoro. Le faccio un esempio?

Sì, dica.

«Sui libri l’Iva è è al 10%, sui dischi al 22%, le case editrici sono state più brave delle case discografi­che a portare avanti le proprie istanze, così è per tutto il nostro settore».

Solo per questo non siete stati considerat­i?

«Noi paghiamo un peccato originale, i pochi che agiscono male si riverberan­o sui tanti che lavorano bene. Eppure noi ci siamo fermati prima del blocco governativ­o per rispetto del nostro pubblico e di chi collabora con noi».

Cosa pensa dell’ordinanza di Zingaretti?

«Che doveva ascoltarci, che deve ascoltarci, non si possono fare le regole del gioco senza parlare con i giocatori. Avremmo potuto dare consigli utili per una ripartenza dei locali d’intratteni­mento di qualità, dove si fa musica in sicurezza. Abbiamo venti, trenta anni di esperienza alle spalle. Mica siamo i baretti di Ponte Milvio».

Ora dovrete misurare la febbre controllar­e le distanze sociali, siete pronti?

«Guardi che noi siamo già soggetti all’articolo 100, ovvero “siamo i custodi della sicurezza di chi viene a divertirsi”. Ma ora mi pare che ci attribuisc­ono responsabi­lità eccessive, senza sapere come si lavora davvero nei “club”».

Pensa sia complicato rispettare queste regole?

«Mi chiedo come si regolerann­o con gli assembrame­nti nelle sale scommesse, dove tutti sono insieme sotto il video a controllar­e e urlare. La socializza­zione è parte dell’intratteni­mento, noi stiamo studiando altre forme per continuare a fare il nostro lavoro meraviglio­so nei locali».

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Claudio Coccoluto

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