Galatea Ranzi: recitare è un lavoro, non un hobby
Saltati tutti i debutti teatrali per l’emergenza sanitaria, l’attrice romana si prepara alla rinascita: «Fare l’attrice è un lavoro, non un hobby»
Doveva essere in scena al Brancaccio a marzo con Lezione da Sarah, nel ruolo di Sarah Bernhardt, con la drammaturgia di Pino Tierno e la regia di Ferdinando Ceriani. Invece giù il sipario e in scena è salito il Covid19. «È stata una doccia fredda ammette Galatea Ranzi - mi sono sentita spaesata, confusa, preoccupata. Ma la preoccupazione maggiore, adesso, è per la riapertura. Quella annunciata per lo scorso 15 giugno mi è sembrata piuttosto una beffa. La nostra categoria è certamente la più colpita dall’emergenza - continua l’attrice romana - oltre a chi ci è andato di mezzo fisicamente purtroppo».
Non solo lo spettacolo sospeso al Brancaccio, ma anche quello che avrebbe dovuto debuttare al Teatro Greco di Siracusa: «Ero in prova con il regista Antonio Calenda, e con i colleghi Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu, per la messinscena estiva de Le nuvole di Aristofane. Ero felicissima perché, dopo aver interpretato sempre tragedie, fare una commedia per me era davvero una novità. Lo spettacolo è stato spostato al 2021». Ma non basta. Galatea sta lavorando su un altro progetto: «Sono in prova, via skype, su un testo davvero particolare: In nome della Madre di Erri De Luca, con la regia di Gianluca Barbadori. È un monologo riservato a pochi spettatori, circa ottanta ad ogni replica». Lo avete ideato in funzione dell’emergenza pandemica? «Assolutamente no ed è curioso... un’idea che è stata profetica e molto significativa dato il momento storico che viviamo. Il testo racconta la storia dell’Annunciazione e della nascita di Cristo fatta in prima persona da Maria, la Madonna, la Madre: un racconto toccante, che riattiva un immaginario che appartiene a tutti. Ed è per questo che, trattandosi di una narrazione molto intima, poetica, è stata pensata per una platea ristrettissima. Aggiungo che l’impostazione dell’allestimento prevedeva la messinscena in una tenda, posizionata sul palco, ma questo sarà ora davvero impossibile farlo. Avremmo dovuto debuttare a Loreto a maggio, ma abbiamo dovuto rimandare e così il debutto avverrà a dicembre al Teatro Biondo di Palermo, poi spero in tournée...».
È difficile fare i conti con l’incognita del Covid-19. «Difficile a dire poco! - ribatte - Noi lavoratori dello spettacolo, al di là di qualche rara cassa integrazione, viviamo con i nostri risparmi, con le nostre risorse personali e non possiamo durare a lungo: il nostro è un lavoro, non un hobby. Le rigide regole che pretendono le distanze tra attori e tra spettatori poi sono assurde. Per non parlare dell’obbligo della sanificazione, operazione complicata e costosa. Se comandassi io, aprirei a Roma tutte le piazze, i cortili, i parchi a disposizione, per compensare la stagione interrotta a febbraio e mandare in scena gli spettacoli che nessuno ha potuto vedere».
Galatea Ranzi è nata a Roma e abita in zona Pantheon: «Ammetto che, a causa della pandemia, ho visto una città meravigliosa. Guardare la piazza senza il flusso di turisti, che snaturano il luogo, e il silenzio che si è creato mi ha provocato una profonda emozione. Non mi era mai capitato di trascorrere tanto tempo a casa e godermi anche i miei figli, essendo sempre impegnata per lavoro. Sotto questo aspetto posso dire che si è stata una bella esperienza. Ma adesso è il momento di ricominciare: la rinascita è anche stimolante per la creatività, l’inventiva. Dobbiamo tornare a inventare, e forse ne siamo capaci».
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Se io fossi al comando, aprirei a Roma tutte le piazze, i cortili, i parchi, per compensare la stagione interrotta a causa del Covid e mandare in scena gli spettacoli che nessuno ha potuto vedere