Vaia: «I pericoli da chi arriva ora dall’estero»
Per il direttore sanitario dello Spallanzani i contagi nella regione sono sotto controllo
«L’indice Rt alto non è preoccupante. I pericoli adesso arrivano da chi viene dall’estero». Lo dice il direttore sanitario dello Spallanzani, Francesco Vaia. Paura a Fiumicino: chiuso un altro ristorante.
Per due settimane consecutive la Regione Lazio ha fatto registrare un indice Rt al di sopra di 1. E sempre nelle ultime due settimane continuano a emergere focolai. Se e quanto c’è da preoccuparsi per questa situazione lo spiegano le parole del direttore sanitario dello Spallanzani, Francesco Vaia. «I dati vanno sempre interpretati e l’indice Rt è molto sensibile». Li può interpretare?
«Il 30 maggio i casi di positività confermati erano 3.055. Oggi (ieri, ndr) sono 827. Quindi il Lazio è evidentemente in una fase discendente. Nel post lockdown, è stato introdotto l’indice Rt, che ha sostituito l’R0, e che indica il numero medio di infettati che scaturiscono da un caso indice. In un’area a basso tasso di contagiosità, come la nostra regione, è normale che si impenni davanti alla scoperta dei focolai. Proprio come è successo con il San Raffaele, e non solo. Una volta chiuso il cluster, l’indice si riabbassa in 15 giorni». Quindi non bisogna allarmarsi?
«No, non siamo in una fase critica. L’Rt è un allert di sanità pubblica che deve scattare immediatamente per circoscrivere i focolai attraverso il contact tracing. Che è importantissimo. Per questo è fondamentale che ristoranti o stabilimenti balneari registrino i telefoni delle persone che li hanno frequentati».
Ma come si spiegano tutti questi nuovi focolai che continuano a emergere?
«C’è troppa rilassatezza in giro. Poca gente che indossa le mascherine. Non siamo usciti dall’emergenza. Il virus continua a circolare. Serve rispettare le regole altrimenti i focolai sono dietro l’angolo».
I cittadini devono preoccuparsi dell’Rt?
«Se si comportano in modo appropriato no. E non devono farsi disorientare dalla politica che forse un po’ strumentalizza. Questa non è una gara tra regioni per dimostrare chi è stato più bravo. Perché il più bravo è chi svolge meglio un’attività di controllo. Chi non ha paura di andare a scovare i positivi. Più malati si trovano, più stiamo facendo bene il nostro lavoro».
I quattro recenti focolai romani (San Raffaele Pisana, piazza Pecile, istituto religioso Teresianum e Fiumicino, ndr) vanno letti in questa ottica?
«Certo. Non sono preoccupanti, anzi. È il segnale che stiamo lavorando bene. Per quanto riguarda l’ultimo, quello di Fiumicino, la situazione non è male. Su 800 tamponi effettuati al drive-in di Casal Bernocchi si sono registrati scarsi una decina di casi. La Asl Roma 3 e le Uscar (Unità speciale di continuità assistenziale, ndr) stanno facendo un ottimo lavoro».
Quali sono oggi le principali fonti di preoccupazione per la nostra regione?
«Come dimostrano anche gli ultimi casi, le maggiori preoccupazioni arrivano adesso da chi rientra da altri paesi. Fuori dall'Italia abbiamo nazioni in cui il fenomeno sta crescendo in maniera esponenziale. Penso agli Stati Uniti, al Brasile, al Messico, ma anche al Bangladesh o all’India».
Dobbiamo in qualche modo «difenderci»?
«Va sicuramente intensificata la vigilanza. Specie nei porti e negli aeroporti, ma anche nelle stazioni. E va sempre rispettato il periodo di quattordici giorni di isolamento domiciliare».
Non siamo in una fase critica. L’Rt è un allert che deve scattare immediata mente per circoscrivere i focolai
C’è troppa rilassatezza in giro. Poca gente indossa le mascherine. Non siamo usciti dall’emergenza. Il virus circola