Licei, la ripresa a rischio: 40 istituti su 245 senza spazi
Ripresa a settembre, allarme presidi: 40 licei su 245 senza spazi
Secondo le linee guida tracciate dal Miur per la riapertura delle scuole a settembre, il 15% degli studenti dovrà fare lezione al di fuori degli edifici scolastici per rispettare il distanziamento. Ma a Roma molti istituti, almeno 40 licei su 245 (e quindi 40mila studenti), rilanciano i presidi non hanno spazi adeguati.
«Troppo generiche e arrivate con ritardo». È questo il giudizio che Mario Rusconi, il presidente dell’associazione presidi Roma e Lazio, dà delle linee guida che il governo ha stabilito per la riapertura delle scuole a settembre. «I buoni propositi ci sono, ma poi siamo sicuri che ci sarà il tempo per realizzare quello che viene scritto nero su bianco?», si domanda Rusconi.
Nella conferenza stampa di venerdì scorso, la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, ha chiarito come il 15% degli studenti dovrà fare lezione al di fuori degli edifici scolastici per garantire il distanziamento sociale: «Ciò significa che sui 245 licei della città metropolitana di Roma, quasi 40 scuole e quindi 40 mila studenti dovranno essere ricollocati in altre strutture spiega Rusconi -. Forse non hanno idea di cosa significhi».
L’ipotesi di spostare le classi in spazi alternativi come cinema, teatri, musei o parchi è stata confermata anche dall’assessore alla Sanità della Regione, Alessio D’amato, secondo il quale «sarà importante pensare anche a scaglionamenti e turnazioni di ingressi e uscite per evitare assembramenti di genitori e nonni fuori dagli edifici». Un compito che spetterà ai presidi, i quali vogliono evitare lo «scaricabarile delle responsabilità»: «Non ci sottrarremo ai nostri impegni - garantisce Rusconi-; lo abbiamo già fatto per gli esami di maturità e continueremo a farlo anche adesso. Vorremmo buonsenso, le indicazioni specifiche devono arrivare il prima possibile, non di certo il 15 agosto, altrimenti sarebbe un problema».
Vorrebbero certezze anche alcune madri, come Simona De Paolis, fondatrice di una pagina Facebook tramite la quale invoca decisioni immediate: «Ci saranno i turni? Saranno rispettate le distanze? Io a settembre manderò mia figlia in prima elementare. I nostri bambini non possono essere trattati così».
Chiede subito di sapere cosa accadrà nei prossimi mesi anche Fabiana, una mamma single che nel periodo del lockdown oltre al suo lavoro da informatica, ha fatto anche da maestra alla figlia di 9 anni: «Non è stato facile. La didattica a distanza nel mio caso è stato un fallimento. Capisco la necessità del periodo, ma da settembre bisogna tornare alle lezioni in classe». A favore della scuola in presenza anche il comitato «Priorità alla scuola» che ha organizzato la manifestazione di giovedì scorso a piazza San Silvestro.
La referente romana, Cristina
Tagliabue, si concentra in particolare sulla questione prevenzione e tracciamento dei contagi: «Bisogna riattivare le infermerie nelle scuole per velocizzare l’accesso ai test rapidi. Non possono essere i docenti a occuparsi anche di questo».
Altro capitolo i finanziamenti, considerati insufficienti da Tagliabue: «Servono risorse ulteriori per allargare gli organici e reperire spazi adeguati».
La pensa così pure Fannì Sacconi, docente di filosofia al liceo Benedetto da Norcia: «Se davvero si volesse garantire la sicurezza degli edifici, ci vorrebbero la metà degli alunni per classe e il doppio degli insegnanti. Ma con i soldi messi a disposizione a mala pena riusciremo a ripulire le aule».
Se non ci saranno evoluzioni, promettono di restituire le chiavi della scuola, alcuni professori del liceo classico Virgilio che hanno scritto una lettera nella quale ribadiscono alcuni punti fermi: «Ridurre gli alunni per classe, ristrutturare gli edifici e programmare un piano di assunzioni».
Perché «il rischio - scrivono i docenti - è la fine della scuola della Repubblica».
I fondi
Servono più risorse per allargare gli organici, già insufficienti, e adeguare edifici e aule
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