Max Gazzè, tris di concerti nella Cavea
Il cantautore romano da domani (repliche venerdì e sabato) al Parco della Musica: qualche amico mi verrà a trovare ma non so chi. Devo ancora fare un giro di telefonate Max Gazzè con Scendo in palco apre i live nella Cavea dell’Auditorium
«Maledetto Covid... i danni che ha fatto li abbiamo visti tutti. Ma rimanere a zero non serve a nessuno», dice Max Gazzè al termine di una prova fiume con i suoi musicisti. Cantautore spiazzante e ironico, capace di aggiungere alla leggerezza del pop melodie più complesse, è stato il primo a sposare l’idea di Francesco Barbaro dell’agenzia Otr Live, e a voler ripartire con i concerti, anche se per poco più di mille persone come impongono le norme contro il coronavirus.
«Scendo in palco» è il nome del progetto, un tour che partirà domani da Roma e aprirà la rassegna «Auditorium reloaded» nella Cavea del Parco della Musica. Repliche anche venerdì e sabato. Il giovane cantautore siciliano Brando Madonia aprirà tutti e tre i live romani. «Ho accettato la sfida Otr — racconta Max — e ho deciso di posticipare la lavorazione del nuovo album a ottobre, appena finirà il tour. Sarà un concerto regolare, con tutti i miei musicisti e con le maestranze che servono. Insomma, non sarò solo sul palco con il mio basso. Lavoreranno più persone possibili. Io rinuncio alla mia paga».
Si era parlato di riduzione del suo cachet...
«Se alla fine, dopo aver pagato tutti, rimane un rimborso spese per la benzina lo prendo volentieri. Ma non è importante. Il messaggio di questi concerti è salvaguardare la dignità degli operatori di arte e spettacolo, molto provati dalle difficoltà e duramente penalizzati dall’emergenza sanitaria. Sarà invece più difficile andare in tour il prossimo inverno se non diminuiscono le condizioni emergenziali. Già adesso è difficile, bisogna riadattare le strutture all’aperto per poter rispettare il distanziamento sociale. Figuriamoci nei club al chiuso».
Come è stato risalire su un palco anche se solo per le prove?
«Quando ci siamo rivisti con tutta la band, che per me è una seconda famiglia, ci siamo emozionati. Non speravamo di fare questi concerti. Stiamo lavorando con la consapevolezza di vivere un momento difficile».
La Cavea potrebbe ospitare 5.000 persone, ne entreranno mille ogni sera. La preoccupa vedere una platea semivuota?
«No. Ringrazio chi verrà. Mille persone in più o in meno cambia poco. Importa vedere il sorriso alla fine del live, cercare di tornare a una normalità. Certo, spero che si possa parlare prima o poi di un flusso di spettatori regolati in base allo spazio. In Spagna, per esempio, i locali hanno aperto con una capienza che è un terzo rispetto a quella normale».
❞ Bisogna salvaguardare la dignità degli operatori dello spettacolo dal vivo, provati dalle difficoltà e penalizzati dall’emergenza sanitaria
Sarà complicato assistere ai live?
«Non sarà più difficile di quanto abbiamo vissuto finora. L’orario d’ingresso sarà anticipato e per entrare bisognerà indossare le mascherine che però si potranno togliere una volta seduti. E i nuclei familiari potranno stare vicini».
Sono previste sorprese?
«Qualche amico verrà a trovarmi, ma non so chi. Devo ancora fare un giro di telefonate. Nulla è preparato e sarà molto bello improvvisare. È molto rock’n’roll».
Il nuovo album sarà influenzato dal lockdown?
«No. Le canzoni erano già pronte. E quando siamo stati costretti a rimanere a casa ho preferito non mettermi davanti al computer per fare preproduzione. Sapevo che una volta finita l’emergenza avrei buttato tutto. Io sono un musicista e amo suonare, entrare in una stanza con persone che conosco anche da quarant’anni... Credo ancora “nell’assembramento musicale” e quest’album lo voglio registrare alla vecchia maniera».
Come ha passato la reclusione?
«Come tutti: stando a casa con i figli o facendo la spesa».
E Roma deserta le è piaciuta?
«Non l’ho frequentata. Però ho sempre avuto la percezione che questa sia una città incredibilmente mistica. La sua storia impregna i muri e emana una grande e misteriosa forza. Me ne accorgevo quando, trent’anni fa, tornavo a casa passeggiando per le stradine dietro piazza Navona. Credo che per quanto solitario o eremita, l’essere umano abbia bisogno degli altri per nutrire l’anima. E comunque, per vedere Roma deserta non c’era bisogno del lockdown, bastava aspettare Ferragosto».