Tavolini su strada, nodo controlli
Consiglio al voto nella notte per l’ok all’aumento dello spazio: +50% in centro, +70 in periferia
Ancora più tavolini all’aperto per bar e ristoranti per rispondere alla crisi legata al Covid. Ma resta il nodo dei controlli: i vigili non li faranno a tappeto e i municipi ne faranno solo sotto il profilo amministrativo. Durante la seduta notturna in videoconferenza, l’Assemblea capitolina decide di andare verso l’aumento delle quote di spazio a disposizione degli esercenti. Aree doppie rispetto alla delibera transitoria del 25 maggio: fino al 70% in più per chi ha un locale in periferia, fino al 50% per i ristoranti in Centro. «Un disastro, a Roma sarà un delirio - dice la presidente del Municipio I, Sabrina Alfonsi -. Arriveranno numerosi ricorsi e dovremo costringere i locali a smontare tutto nel cuore dell’estate».
Ancora più tavolini all’aperto, ma resta il nodo dei controlli a tappeto «che nessuno riuscirà a fare», spiega la presidente del municipio I, Sabrina Alfonsi, nel sottolineare come, con le nuove regole, «a Roma si rischia il far west». In ogni caso l’Assemblea capitolina va verso l’ok alla delibera che aumenta fino al 70% le percentuali a disposizione di ristoranti, bar, librerie e alberghi (ma solo quelli con somministrazione aperta anche a chi non vi alloggia) per sfruttare gli ambienti esterni all’esercizio in modo rispettare il metro di distanza tra clienti imposto dal Covid. La discussione si protrae nella notte in videoconferenza perché il gruppo M5S non può permettersi di rimandare il voto: davanti al pc i numeri sono blindati, ma non nella prima seduta «fisica» in Aula Giulio Cesare, domani appunto, perché molti grillini, in conflitto con il presidente del Consiglio comunale Marcello De Vito, non sono disposti a rientrare in Campidoglio col rischio di assembramenti. La maggioranza M5S, insomma, regge solo se vota in notturna.
La base della discussione è il documento transitorio firmato di fretta dall’assessore al Commercio Carlo Cafarotti lo scorso 25 maggio, una settimana dopo la riapertura di bar e ristoranti decisa dal governo, che con una semplice autocertificazione dava la possibilità di piazzare il 35% di tavolini in più all’esterno
L’autocertificazione Si può chiedere l’ampliamento e mantenerlo fino al 31 ottobre 2021
del locale. Da adesso, dopo un mese e mezzo di studio (e scontri) in commissione, con un’altra autocertificazione, evidentemente da riformulare, la quota di occupazione aumenta. Anzi, le quote: in Centro gli esercizi avranno possibilità di allestire fino al 50% di tavolini in più, mentre in periferia si potrà arrivare fino al 70%. Unici criteri da rispettare i 5 metri dai monumenti e il codice della strada: il minimo indispensabile.
«Il 50% è un disastro e qua in Centro sarà un delirio - dice Alfonsi -. Visto che restano solo due criteri minimi, ci affidiamo ai vigili anche se hanno detto che non possono fare controlli capillari. E noi del municipio potremo fare solo controlli amministrativi, non per strada. Colpa di una delibera che fa acqua: arriveranno ricorsi, rischiamo di costringere i locali a smontare tutto nel cuore dell’estate». In pratica, un locale che prima dell’emergenza coronavirus aveva 10 tavoli all’esterno, ora ne potrà apparecchiare 15 se si trova in Centro o 17 se è in periferia. E, se non c’è spazio davanti all’ingresso, c’è la facoltà di creare un’appendice in una piazza o una via che sia distante non più di 25 metri.
Queste le nuove coordinate valide per i prossimi 15 mesi (fino al 31 ottobre 2021) che, nei piani del Campidoglio, dovrebbero ridare un po’ di ossigeno al settore. Restano però alcuni nodi da sciogliere. Il primo è pratico: chi fa i controlli? Basta fare una passeggiata in Centro per constatare come molti locali abbiano abusato del 35% in più concesso dal Campidoglio dalla delibera transitoria: sono state quasi mille le autocertificazioni inviate dai locali, ma le multe dei vigili dopo il controllo sono state solo due. Il secondo punto è burocratico: la delibera tiene conto della straordinarietà della situazione, ma si spinge un anno oltre l’emergenza, inquadrata nel decreto del governo fino al 31 ottobre 2020. Così, una volta svanito l’effetto del decreto, i problemi potrebbero fioccare: la Soprintendenza potrebbe sollevare questioni - per questo il presidente della commissione Commercio, il grillino Andrea Coia, lancia un appello al Mibact per una «collaborazione istituzionale», un modo per dire «veniamoci incontro» - e i comitati potrebbero trovare nuovi spunti per impugnare.