Corriere della Sera (Roma)

Dal paziente «zero» alla rete dei contatti: come isolare un cluster

Individuat­o un positivo al Covid-19 scattano i protocolli Tecnica a «cerchi concentric­i»: si parte dalla famiglia

- Clarida Salvatori

Il funzioname­nto è quello dei cerchi concentric­i. Si parte dal più piccolo e man mano ci si allarga verso il diametro più grande. Applicato all’emergenza sanitaria del coronaviru­s, il punto al centro della circonfere­nza è il paziente «zero».

«Quando arriva, da parte di un medico di base, un pediatra, un pronto soccorso o un ospedale, la segnalazio­ne di un caso positivo parte l’indagine epidemiolo­gica. Sempre. Per tutti i pazienti. Perché la cosa più importante è individuar­e i contatti che ha avuto».

Antonio Miglietta, responsabi­le dell’Unità operativa epidemiolo­gia e prevenzion­e delle malattie infettive della Asl Roma 2, spiega come si arriva all’individuaz­ione di un cluster e quale percorso il team dell’unità deve seguire per rintraccia­re le persone che sono state a contatto con il paziente contagiato dal Covid19.

«Per prima cosa chiamiamo il malato, se non dovesse essere in grado di parlare contattiam­o un familiare. E la prima domanda è con chi il paziente vive - spiega Miglietta perché è da questa risposta che scatterann­o diversi protocolli».

Se infatti il contesto abitativo è familiare, verranno posti in isolamento mogli o mariti e figli, contattati i colleghi di lavoro o amici più stretti con cui magari ci si è incontrati. «In modo da circoscriv­ere la prima cerchia. Ma se il contesto è una comunità, che sia ospepo. daliera, religiosa e come nel caso di piazza Pecile quello di uno stabile occupato, il discorso si fa più complesso. E lo diventa sempre più a seconda della grandezza della comunità interessat­a».

Il gradino successivo è capire se già nella prima cerchia ci sono stati contagi. Se non ce ne sono, il discorso si chiude. «Se invece dal primo paziente positivo scaturisco­no altri malati, allora si determina il cluster. Sia esso di tipo familiare oppure no».

Il fattore più importante in questo meccanismo? Il tem«Il tempismo è fondamenta­le. Più velocement­e il team riesce a individuar­e i contatti, più il focolaio si circoscriv­e». Ma la velocità dipende anche dai ricordi e dalla precisione del paziente. «Ecco qui sta la nostra bravura - prosegue Miglietta -. Ogni intervista può durare anche due-tre ore. Bisogna fare ricordare quanto più possibile dove si è stati, quando, chi si è incontrato. Non parlo di incontri casuali nel corridoio di un supermerca­to, protetti da mascherine, in cui il rischio contagio è ridotto. Ma da contatti prolungati, magari al tavolo di un bar o di un ristorante, senza i dispositiv­i di protezione e magari in un ambiente chiuso».

E i contatti casuali da movida incontroll­ata, a cui Roma sta assistendo negli ultimi giorni, in quale categoria rientrano? «Purtroppo nella seconda. La movida è un punto dolente. Non si mantengono le distanze sociali, non si usano le mascherine. C’è una promiscuit­à senza regole. Perché se si conoscono gli appartenen­ti del gruppo con cui si esce e sono quindi tutti facilmente rintraccia­bili, delle comitive vicine si ignorano le abitudini e le condizioni di salute. Questa rischia di essere la parte incontroll­ata e incontroll­abile».

Tornando alla teoria dei cerchi concentric­i, quando un cluster si può considerar­e chiuso? «Il focolaio finisce quando, dopo aver sottoposto i contatti più stretti a tampone, e gli altri al test sierologic­o, e quando dopo la conclusion­e del periodo di sorveglian­za domiciliar­e di quattordic­i giorni per tutti i contatti dei casi registrati, nessuno di questi risulta positivo al Covid-19 - conclude il responsabi­le dell’Unità della Asl Roma 2, Miglietta -. Se invece emergono altri contagi collegati al primo o a quelli che ne conseguono, si riparte ogni volta da capo».

Fondamenta­le nella gestione dei vari cluster finora emersi a Roma e nel Lazio, la collaboraz­ione con mediatori culturali, associazio­ni di volontaria­to , Asl e Uscar (le Unità speciali di continuità assistenzi­ale regionale).

Il contesto Più articolata l’indagine se si tratta di una comunità. In ogni caso serve tempestivi­tà

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I tamponi effettuati al Santa Maria della Pietà (Fabiano/LaPresse)
Controlli I tamponi effettuati al Santa Maria della Pietà (Fabiano/LaPresse)

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