Dal paziente «zero» alla rete dei contatti: come isolare un cluster
Individuato un positivo al Covid-19 scattano i protocolli Tecnica a «cerchi concentrici»: si parte dalla famiglia
Il funzionamento è quello dei cerchi concentrici. Si parte dal più piccolo e man mano ci si allarga verso il diametro più grande. Applicato all’emergenza sanitaria del coronavirus, il punto al centro della circonferenza è il paziente «zero».
«Quando arriva, da parte di un medico di base, un pediatra, un pronto soccorso o un ospedale, la segnalazione di un caso positivo parte l’indagine epidemiologica. Sempre. Per tutti i pazienti. Perché la cosa più importante è individuare i contatti che ha avuto».
Antonio Miglietta, responsabile dell’Unità operativa epidemiologia e prevenzione delle malattie infettive della Asl Roma 2, spiega come si arriva all’individuazione di un cluster e quale percorso il team dell’unità deve seguire per rintracciare le persone che sono state a contatto con il paziente contagiato dal Covid19.
«Per prima cosa chiamiamo il malato, se non dovesse essere in grado di parlare contattiamo un familiare. E la prima domanda è con chi il paziente vive - spiega Miglietta perché è da questa risposta che scatteranno diversi protocolli».
Se infatti il contesto abitativo è familiare, verranno posti in isolamento mogli o mariti e figli, contattati i colleghi di lavoro o amici più stretti con cui magari ci si è incontrati. «In modo da circoscrivere la prima cerchia. Ma se il contesto è una comunità, che sia ospepo. daliera, religiosa e come nel caso di piazza Pecile quello di uno stabile occupato, il discorso si fa più complesso. E lo diventa sempre più a seconda della grandezza della comunità interessata».
Il gradino successivo è capire se già nella prima cerchia ci sono stati contagi. Se non ce ne sono, il discorso si chiude. «Se invece dal primo paziente positivo scaturiscono altri malati, allora si determina il cluster. Sia esso di tipo familiare oppure no».
Il fattore più importante in questo meccanismo? Il tem«Il tempismo è fondamentale. Più velocemente il team riesce a individuare i contatti, più il focolaio si circoscrive». Ma la velocità dipende anche dai ricordi e dalla precisione del paziente. «Ecco qui sta la nostra bravura - prosegue Miglietta -. Ogni intervista può durare anche due-tre ore. Bisogna fare ricordare quanto più possibile dove si è stati, quando, chi si è incontrato. Non parlo di incontri casuali nel corridoio di un supermercato, protetti da mascherine, in cui il rischio contagio è ridotto. Ma da contatti prolungati, magari al tavolo di un bar o di un ristorante, senza i dispositivi di protezione e magari in un ambiente chiuso».
E i contatti casuali da movida incontrollata, a cui Roma sta assistendo negli ultimi giorni, in quale categoria rientrano? «Purtroppo nella seconda. La movida è un punto dolente. Non si mantengono le distanze sociali, non si usano le mascherine. C’è una promiscuità senza regole. Perché se si conoscono gli appartenenti del gruppo con cui si esce e sono quindi tutti facilmente rintracciabili, delle comitive vicine si ignorano le abitudini e le condizioni di salute. Questa rischia di essere la parte incontrollata e incontrollabile».
Tornando alla teoria dei cerchi concentrici, quando un cluster si può considerare chiuso? «Il focolaio finisce quando, dopo aver sottoposto i contatti più stretti a tampone, e gli altri al test sierologico, e quando dopo la conclusione del periodo di sorveglianza domiciliare di quattordici giorni per tutti i contatti dei casi registrati, nessuno di questi risulta positivo al Covid-19 - conclude il responsabile dell’Unità della Asl Roma 2, Miglietta -. Se invece emergono altri contagi collegati al primo o a quelli che ne conseguono, si riparte ogni volta da capo».
Fondamentale nella gestione dei vari cluster finora emersi a Roma e nel Lazio, la collaborazione con mediatori culturali, associazioni di volontariato , Asl e Uscar (le Unità speciali di continuità assistenziale regionale).
Il contesto Più articolata l’indagine se si tratta di una comunità. In ogni caso serve tempestività