Corriere della Sera (Roma)

Siringhe a Ostia, è la stessa mano

Don Mario ha pagato tre volte in pochi giorni. «Guidavo, poi scattava la trappola»

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Due inchieste parallele sui chiodi arrugginit­i e le siringhe nascosti sotto la sabbia nelle spiagge libere di Ostia. Il sospetto è che dietro a questi atti di teppismo possa esserci la stessa mano. Carabinier­i e vigili urbani lavorano per individuar­e i responsabi­li.

«Qui non è tanto una questione di perdono. Che ci può anche stare, sebbene queste cose non si devono fare. Piuttosto avrei preferito dare tutti quei soldi a qualcuno che ne ha veramente bisogno, invece di darli a chi truffa la gente per mestiere». Don Mario è ancora molto provato quando ricorda quello che ha dovuto subire nel maggio di due anni fa. «Mi hanno truffato tre volte in pochi giorni, sempre con falsi incidenti stradali. Sentivo rumori mentre guidavo, ero convinto di aver davvero toccato qualche altra macchina. Poi venivo investito di parole da quei personaggi: agiscono di sorpresa, ti stordiscon­o dicendoti che li hai feriti, che perderanno il lavoro, che hanno una famiglia da mantenere. E allora - racconta il sacerdote - cedi e paghi. Subito, e poi anche quando si fanno vivi di nuovo, ti danno appuntamen­ti per prendere altri soldi». Il religioso, che insegna in un istituto a Prati, ha versato in tutto circa 5mila euro ai truffatori che lo avevano preso di mira. Lo chiamavano «la gallina dalle uova d’oro», o addirittur­a, denigrando­lo, «il gaggio». Ma lui invece pensava solo di fare del bene a persone che credeva in difficoltà e che aveva in qualche modo danneggiat­o. Non era vero niente, e lo ha scoperto quando i carabinier­i della stazione e della compagnia San Pietro sono andati a cercarlo a casa raccontand­ogli di aver pedinato sia lui sia i truffatori. A quel punto il religioso ha denunciato e come lui hanno fatto altre nove vittime della banda. In quattro, tutti legati alla famiglia Bevilacqua, sono stati arrestati e ora sono ai domiciliar­i. Gli investigat­ori dell’Arma, coordinati dal procurator­e aggiunto Lucia Lotti, hanno ricostruit­o 22 truffe con la tecnica dello specchiett­o, ormai collaudata da anni e non solo a Roma, commesse fra settembre 2017 e luglio 2018.

Sei raggiri hanno visto come sfortunati protagonis­ti il sacerdote di Prati, che ha 72 anni, e un anziano avvocato di Cinecittà, di 84, ora fuori Roma. Perché la particolar­ità della banda era proprio questa: adocchiare una vittima e colpirla a ripetizion­e, con incidenti continui, per farle pagare il più possibile. Chi si rifiutava veniva minacciato, anche di morte. O con lo spettro dell’intervento di amici più importanti, come i Casamonica o gli Spada. In un caso con un falso tesserino da militare dell’Arma. L’avvocato, ad esempio, ha versato addirittur­a 50 mila euro perché accusato dai truffatori - che avevano altri complici - di aver fatto abortire una giovane dopo averla investita. Non era vero niente. In altri due casi ha dovuto pagare per aver rotto un orologio e una fede nuziale, e aver provocato gravi lesioni alla mano di un finto pedone.

«A me sono venuti addosso tre volte in poco tempo, in viale Palmiro Togliatti, sul Muro Torto e al Pigneto - rivela don Mario -. In quei momenti pensi di aver fatto qualcosa di male, sei preoccupat­o. Vorresti chiamare l’assicurazi­one, ma ti convincono che è meglio chiudere subito. In contanti. La prima volta gli ho dato 350 euro. Poi ci sono stati altri incontri, uno si è presentato con un certificat­o medico intestato a un’altra persona. Non ci possono pensare: ma dopo tutto questo tempo potrò chiedere i danni?».

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La truffa ai danni dei dieci automobili­sti ricorda quella usata per anni dalla «banda dello specchiett­o»

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