La versione di Elder: calci e pugni in caserma
Omicidio Cerciello, uno dei due americani: i poliziotti arrivarono di soppiatto
Il 2 agosto scorso, una settimana dopo l’uccisione di Mario Cerciello Rega, Finnegan Lee Elder uno dei due ragazzi accusati dell’omicidio, è a colloquio con il suo avvocato americano, Craig Peters. Le traduzioni di quella conversazione sono state depositate in cancelleria dal perito del tribunale. Elder risponde alle domande, s’informa su cosa potrebbe accadere, parla del carcere dove ha iniziato a leggere «Il Maestro e Margherita»
di Bulgakov («fico»). Ma soprattutto offre la propria ricostruzione dei fatti rispetto alla notte del 26 luglio. Racconta Elder che i due carabinieri Cerciello e il collega Andrea Varriale sono arrivati all’appuntamento in Prati quello che i ragazzi si erano dati con Sergio Brugiatelli per restituirgli lo zaino rubato a Trastevere - di «soppiatto».
«Noi eravamo rivolti verso l’altra direzione - afferma l’americano nel colloquio - e loro stavano, avvicinandosi di soppiatto per arrivare dietro di noi e poi mi sono girato e l’ho visto tipo a un metro da me e poi mi ha placcato». Un particolare degno di rilievo secondo Elder che lo rimarca: «Hanno semplicemente cercato di avvicinarsi di dietro di soppiatto. In Italia non so, insomma, i fottuti poliziotti fanno così?».
Elder ha cura di fornire ogni dettaglio che possa aiutare Peters e il suo team a imbastire una strategia difensiva: «Siamo andati giù» continua.
«E lui mi è salito sopra e mi ha dato qualche pugno e poi ha iniziato a strangolarmi ed ecco perché ho tirato fuori il mio coltello...L’ho accoltellato tipo due, tre volte nella pancia e quello non ha aiutato molto perché sembrava solo restare qui, e quindi ho semplicemente continuato a pugnalare e poi una volta che ho smesso, una volta che mi ha lasciato il collo me lo sono buttato via di dosso e sono scappato». Anche l’arma è oggetto di dibattito al processo. Per la difesa si tratta di un coltello da campeggio da pochi dollari. Elder riceve istruzioni su come spedire una mail ai genitori dal carcere dov’è rinchiuso e chiede dei tappi per le orecchie. Quindi prosegue: «Mi hanno menato di brutto [...] alla stazione, calci, pugni e sputi. E mi hanno detto che mi avrebbero dato quarant’anni se non gli davo la password del mio telefono». Infine consegna al suo avvocato un lungo sfogo sulla lingua italiana: «Non voglio imparare l’italiano, sono così stanco di sentire l’italiano, lo odio, se mai tornerò negli Stati Uniti, e la gente mi fa ‘ooh la cultura italiana, la lingua italiana, che bellezza’ io dirò è disgustoso fa schifo».