Vittorio Storaro, «Scrivere con la luce»
Romano di nascita, 80 anni compiuti lo scorso 24 giugno, leggenda della cinematografia mondiale grazie (anche, ma non solo) ai tre Oscar vinti per aver «illuminato» i film Apocalypse Now di Francis Ford Coppola, Reds di Warren Beatty e L’ultimo imperatore dell’amico fraterno Bernardo Bertolucci, Vittorio Storaro (sotto nella foto di Claudio Guaitoli) è il protagonista della mostra aperta da oggi a Palazzo Merulana dal titolo, significativo, «Vittorio Storaro. Scrivere con la luce». Autore della fotografia e non direttore della, come da sempre tiene a specificare Vittorio: «Perché — ha ricordato anche ieri presentando la mostra e ricorrendo all’etimologia dal greco — si scrive con la luce, esattamente così come si compone con le note musicali o con le parole».
L’esposizione, suddivisa in tre sezioni, non racconta tutta l’opera del protagonista, ma si concentra sugli anni che vanno grossomodo dai suoi esordi nel cinema, 1968, fino al 1994. Ricalcando la stessa partizione tematica di una trilogia di libri pubblicati da Storaro e dedicati ai temi della Luce, del Colore e degli Elementi. Al visitatore sono proposte una serie di foto-grafie (la «lettura» di Storaro suggerisce l’uso del trattino), circa 50, da lui composte sovrapponendo una o più immagini tratte dai suoi film: «Una doppia impressione, alla Man Ray, che nacque tanti anni fa per caso, anzi per errore, ma che subito destò la mia attenzione».
A queste cine-foto-grafie di Storaro — fisse e bidimensionali ma in grado si suggerire un’idea di movimento — sono affiancate riproduzioni su tela di quadri, capolavori o opere meno conosciute, scelti dal maestro tra quelli che hanno ispirato il suo percorso. Ispirato, non «dettato»: profondo amante e conoscitore della pittura, Storaro infatti non cita mai direttamente, ma dai quadri non di rado prende ispirazione per una sua, originalissima, visione dei film. Visitando la mostra si possono così cogliere echi tra gli arancio accesi di un Francis Bacon e certe atmosfere di Ultimo tango a Parigi, o rimandi tra una scena de Il conformista e il taglio di luce della Vocazione di San Matteo di Caravaggio, opera, come ha ricordato Storaro, scoperta da ragazzo e che più di ogni altra segnò, per sempre, il suo percorso (info: www.palazzomerulana.it).