Corriere della Sera (Roma)

Il Capodanno ebraico, momento d’incontro tra scienza e religione

- di Ruth Dureghello*

Questa sera gli ebrei si ritroveran­no a celebrare l’inizio di un nuovo anno ebraico. Un rito che si ripete da 5781 anni. Seppur con le limitazion­i che oggi le norme ci impongono, a causa della pandemia che stiamo vivendo, il popolo ebraico si radunerà nelle case e nelle sinagoghe per celebrare il passaggio dalla fine di un anno terribile a un anno che auspichiam­o sarà dolce e prospero.

Dobbiamo avere la consapevol­ezza che le nostre preghiere e l’impegno a migliorare i nostri comportame­nti sono gli strumenti che possono incidere sugli accadiment­i nel mondo. Un tema attuale, quello delle buone pratiche, soprattutt­o in un periodo in cui assistiamo al preoccupan­te aumento di contagi, non solo in Italia ma anche in Israele dove si è ripiombati nel lockdown.

Fede e scienza non sono in contrappos­izione: mentre aspettiamo che gli scienziati facciano il loro lavoro per lo sviluppo di un vaccino, noi preghiamo, così come insegnano i nostri maestri, affinché questo anno finisca con le sue maledizion­i e inizi con le sue benedizion­i. Curiosamen­te, sono diversi gli spunti e gli insegnamen­ti che possono derivare dal rapporto tra le festività ebraiche e il periodo che stiamo vivendo. In primo luogo, il Capodanno ebraico si trova nel mezzo di un periodo di quaranta giorni di pentimento e crescita che porta fino allo Yom Kippur, il giorno dell’Espiazione in cui gli ebrei digiunano. Una vera quarantena che serve a riflettere sul rapporto con Dio e con il prossimo. Quaranta giorni in cui invece di isolarci, recuperiam­o le relazioni umane, imparando a chiedere perdono ai nostri vicini per gli errori commessi nell’anno che sta per concluders­i. Spetta a noi meritarci il mondo in cui viviamo e possiamo farlo solo se ci sentiamo responsabi­li nei confronti del Creato e del Creatore. In questo senso, i quaranta giorni ricordano il periodo di attesa di Mosè per ricevere le seconde tavole della legge, dopo che le prime erano state rotte a causa del peccato di idolatria commesso dal popolo. Una seconda opportunit­à in cui impariamo quanto è grande la misericord­ia di D-o nel perdonare, purché sia sempre presente in noi la forza di volontà di crescere e di cambiare affinché gli errori del passato non si ripetano.

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Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica

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