Passione disco, Corrado Rizza: «Io, dj al Gilda vestito da prete»
Èun jukebox la sua prima folgorazione, l’astronave sonora che lo attrae quando, da bambino, i nonni lo accompagnano a prendere il gelato nel bar sotto casa, a Monteverde: «L’immagine dei ragazzi riuniti intorno a quel totem, come fosse un rituale — racconta Corrado Rizza, 59 anni, dj — mi diede subito l’idea di aggregazione». Da ragazzino cresciuto nei «favolosi anni Sessanta», scopre i Beatles e la musica pop consumando 45 giri ascoltati con una fonovaligia. Nel decennio successivo eccolo alle prese con le prime playlist: «Alle feste ero un po’ timido, ma mi piaceva controllare il divertimento dei miei amici, avevo capito di avere una capacità di selezione». Nelle cantine, trasformate in piste da ballo, pile di vinili si alternano su giradischi a braccetto, mentre la curiosità onnivora, non fossilizzata su un unico genere, si apre al rock psichedelico e ai concept album (Pink Floyd, Genesis, Jethro Tull). Fino al «virus» esploso a metà degli anni Settanta, pandemia benigna innescata dal film La febbre del sabato sera. Pur non essendo un ballerino, Rizza frequenta le prime discoteche, il Mais e il Green Time: «Il pomeriggio iniziai a studiare i dj, su tutti Francesco Bonanno, tra i componenti degli Easy Going, autori della hit Baby I love you. Mi affascinava il mixaggio, l’idea di manipolare un disco, che fino a poco tempo prima si ascoltava religiosamente dall’inizio alla fine». Il desiderio di avvicinarsi a quel mondo è talmente forte che si trova un lavoro nel negozio Best Records di Claudio Casalini, «il papà di tutti i dj». Ascolta in anteprima i dischi di importazione per proporli ai dj, che poi avrebbero scelto quali acquistare. Incontra così l’amico-mentore Marco Trani, resident all’Easy Going, del quale è già un fan accanito. Dopo un periodo nei villaggi turistici, dove conosce Fiorello, Trani lo chiama come suo secondo e tecnico delle luci all’Histeria: «Era il 5 ottobre dell’83, per me fu un miracolo. Marco è stato il più grande dj del mondo». Dopo aver preso strade diverse, i due si ritrovano nel 2008: tra i progetti comuni il libro I love the nightlife, scritto a quattro mani. Nel mezzo, mentre Trani suona a Cortina e a Riccione, Rizza va a New York, per tornare a Roma come resident prima all’Histeria, poi al Gilda: «Mi costruirono una consolle a forma di nuvola, Giancarlo Bornigia mi vestì da prete...». Dopo l’esperienza come producer con l’etichetta «Lemon Records», fondata assieme all’amico d’infanzia Gino «Woody» Bianchi e a Domenico Scuteri, si trasferisce a Miami dove, oltre a suonare, continua a scrivere libri e a realizzare documentari (tra gli altri Beat Parade e Larry’s Garage). Su Facebook è amministratore del gruppo «Vent’anni di Roma by night».