Quando il Brasile andò in guerra per liberare l’Italia
La mostra racconta la partecipazione del Brasile al fianco degli Alleati durante la Seconda guerra mondiale
Una pagina di storia misconosciuta quella della partecipazione del Brasile al fianco degli Alleati durante la Seconda guerra mondiale. Scritta col sangue di quasi cinquecento giovani e con il coraggio di altri venticinquemila commilitoni partiti per la campagna di Liberazione dell’Italia nel 1944, questa storia solo apparentemente minore si legge attraverso la mostra allestita fino al 19 marzo prossimo alla galleria Candido Portinari dell’Ambasciata brasiliana (piazza Navona 10).
Nelle due stanze al piano terra di Palazzo Pamphilj Liberatori - Il Brasile nella Campagna d’Italia (1944-1945) raccoglie foto, volantini, cimeli, divise, lettere e testimonianze diverse del contributo che la Forza di Spedizione Brasiliana (Feb) ha dato all’offensiva di primavera -nome in codice «Operazione Grapeshot» - che nel 1945 portò le forze alleate a sfondare la linea gotica aprendo la strada per la Liberazione dell’Italia settentrionale. Un contingente impegnato sul fronte dell’appennino tosco-emiliano formato da soldati inesperti del territorio e poco allenati ma ispirati da un sentimento di solidarietà internazionale, a cui non è mancato il contributo di 73 infermiere come riporta anche la scrittrice carioca Clarice Lispector che nel 1944 si trovava in Italia al seguito del marito diplomatico. «Il contingente brasiliano era mescolanza di uomini e donne di origini diverse: indigena, portoghese, africana, giapponese, tedesca, polacca, araba e ovviamente italiana – ricorda il ricercatore Giovanni Sulla che ha contribuito alla realizzazione della mostra-Combatterono contro un nemico che aveva sei anni di esperienza sul campo, affrontando uno degli inverni più rigidi della storia con temperature scese a meno 20 gradi, lasciando il ricordo della loro generosità, donando cibo, vestiti e spesso un sorriso alle popolazioni locali devastate».
Alcune delle foto in mostra testimoniano sia i momenti di contatto tra i soldati e i contadini emiliani, che l’attitudine latina, il meticciato che fanno ancora oggi la ricchezza del carattere brasiliano. Altri documenti riportano la guerra di propaganda che si combatteva in quei giorni sull’inaspettato contributo del gigante sudamericano che il nazifascismo attribuiva ad un ricatto imposto dagli Stati Uniti all’allora dittatore brasiliano Getulio Vargas, e che cercava di diffondere attraverso le frequenze di una radio dedicata, Radio Auriverde, con sede vicino a Como.
Storie ancora molto poco conosciute della grande Storia che ha cambiato il destino del nostro paese a cui il Brasile ha pagato il tributo di 477 morti e quasi tremila feriti. «Il nostro fu l’unico paese latinoamericano ad inviare soldati in Europa - afferma l’Ambasciatore brasiliano Helio Ramos - La mostra ha lo scopo non solo di divulgare questa pagina di storia, ma anche di ricordare lo spirito di fratellanza che da sempre contraddistingue il legame tra i due paesi». Ingresso libero.