L’addio di Sonnino al carabiniere La fidanzata: mio eroe per sempre
Folla nell’abbazia di Fossanova. Il vescovo: morto in Congo dove portava la pace
«Il nostro sogno è stato spezzato, resterai per sempre il mio eroe». Impossibile trattenere le lacrime, Domenica non ce la fa. E con lei nemmeno chi voleva bene a Vittorio. Dall’abbazia di Fossanova la fidanzata del carabiniere ucciso in Congo con l’ambasciatore italiano Luca Attanasio e l’autista Mustapha Milimbo, lancia l’ultimo messaggio d’amore all’uomo con il quale fra qualche mese sarebbe andata a vivere insieme nella casa che stavano costruendo, nel piccolo borgo di Capocroce, alle porte di Sonnino, vicino alle abitazioni dei genitori e dei fratelli del militare dell’Arma. Ma ieri pomeriggio per l’addio a Vittorio Iacovacci, caduto a 30 anni nel tentativo di proteggere l’alto diplomatico con il quale si trovava per motivi di servizio nel parco del Virunga, c’era tutta la cittadina pontina.
In lutto, certo, come annunciato dal sindaco Luciano De Angelis, ma anche con centinaia di bandiere tricolori alle finestre e a ogni angolo di strada per far sentire alla famiglia del carabiniere ucciso e ai suoi commilitoni giunti da Gorizia il calore di un’intera comunità dove Vittorio era molto conosciuto. La cerimonia è stata celebrata dal vescovo di Latina, Mariano Crociata, insieme con padre Andrea
❞ L’omelia Qualcuno adesso deve spiegare non solo cosa è successo, ma anche perché è successo»
David, religioso dell’istituto del Verbo Incarnato, fra i primi a far visita ai parenti del 30enne, che ha paragonato a Salvo D’Acquisto: «Ha dato la vita per salvare l’ambasciatore che stava proteggendo», ha detto nei giorni scorsi.
Ad accogliere il feretro davanti all’abbazia, portato dall’abitazione di Iacovacci in via delle Vigne da un picchetto di carabinieri del XIII Reggimento «Friuli Venezia Giulia», centinaia di cittadini di Sonnino e Priverno, come anche tutti i vicini degli Iacovacci a Capocroce. Una rosa in mano, palloncini anch’essi tricolori lasciati andare in volo sulle note della Virgo Fidelis, l’inno dell’Arma. Sui banchi della prima fila i genitori di Vittorio, Angela e Marcello, con Domenica, dietro i fratelli Alessia e Dario, quest’ultimo incursore della Marina militare fatto rimpatriare d’urgenza dalla missione in Libia dallo Stato maggiore della Difesa. Più indietro il prefetto e il questore di Latina, Maurizio Falco e Michele Spina, con la delegata dell’Anci, Lubiana Restaini, i vertici istituzionali e delle forze dell’ordine della provincia.
«Qualcuno ora deve spiegare, non solo quel che è successo, ma perché è successo», ha chiesto a gran voce il vescovo Crociata nella sua omelia, aggiungendo: «Vittorio ci richiama e ci fa rivivere il senso cristiano della vita, che noi credenti in Gesù riconosciamo perfettamente in lui nostro Signore. Questo sacrificio così alto porta un bene che noi non conosciamo, porta quel movimento di giustizia e di cambiamento che ciò che è avvenuto produrrà nel paese africano in cui la tragedia si è consumata». Fra chi ha preso la parola prima della conclusione della cerimonia anche il comandante del XIII Reggimento, il colonnello Saverio Ceglie: «Sempre in prima linea, un leader, disponibile, generoso. Davanti a tutti. Al suo rientro in Italia sarebbe andato al Reggimento carabinieri paracadutisti Tuscania: voleva diventare esploratore come il fratello».
Tricolori ovunque La cittadina piena di bandiere. Il suo comandante: «Era un leader da prima linea»