«Io manager di una multinazionale e mamma: adesso ci si può riuscire»
Farbo guida la sede di Pomezia di Procter & Gamble che spinge sulla parità di genere
Originaria di Palermo ma residente a Roma, Giuliana Farbo, 46 anni, è la prima donna a dirigere lo stabilimento di Pomezia della Procter & Gamble. La manager ha cominciato nell’informatica per poi ritrovarsi, dopo la maternità, a ricoprire il ruolo di responsabile per l’Europa della divisione tessuti e cura della casa. La sua nomina fa parte di una serie di iniziative per la parità di genere intraprese dalla multinazionale del settore chimico che produce detersivi per il bucato con oltre 60 miliardi di dollari di fatturato.
Giuliana Farbo, 46 anni, è la prima donna a dirigere lo stabilimento di Pomezia della Procter & Gamble: la sua nomina fa parte di una serie di iniziative per la parità di genere intraprese dalla multinazionale del settore chimico che produce detersivi per il bucato con oltre 60 miliardi di dollari di fatturato. Originaria di Palermo ma residente a Roma, la manager ha cominciato nell’informatica per poi ritrovarsi, dopo la maternità (ha una figlia, Martina di 15 anni), a ricoprire il ruolo di responsabile per l’Europa della divisione tessuti e cura della casa.
Perché un nuovo dirigente al femminile continua a fare notizia?
«Credo che la questione nasca dal preconcetto che la donna debba fare una scelta: realizzarsi nel lavoro o nella vita privata. Poche ragazze scelgono indirizzi scientifici alle superiori e all’università. La differenza inizia con i giocattoli: a una bambina si regala sempre qualcosa legato alle faccende domestiche, mai un casco da astronauta. Qui da noi io ora mi sento realizzata come manager e come donna. E il rapporto con i colleghi uomini varia tra il 30 e il 40% in base ai ruoli. Il consiglio che mi sento di dare alle donne è quello di scegliere i giusti modelli di riferimento: capire che qualcuna ce l’ha fatta aiuta».
Gli atenei romani preparano i giovani bene per farli entrare nel mondo del lavoro?
«Le facoltà dovrebbero trasmettere più capacità di comunicazione e leadership. Abbiamo stretto una partnership con l’Alta scuola politecnica per mettere in contatto studenti con figure che possano orientarli nella carriera». Cercate personale? «Siamo sempre alla ricerca di nuovi talenti da inserire nell’organico. Ad oggi la preferenza cade su profili molto tecnici ed esperti nel digitale, che non è più una scelta ma la modalità con cui operare giorno dopo giorno».
Quanto ha inciso la pandemia sull’organizzazione del lavoro in P&G?
«Non ci ha trovati impreparati: processi di digitalizzazione erano già in atto. Abbiamo introdotto il controllo della temperatura, separatori in mensa, l’obbligo delle mascherine e il distanziamento nelle aree per fumatori».
Per una fabbrica è utile ricorrere allo smart working?
«Circa il 30% dei nostri 400 dipendenti opera da remoto e anche i ruoli storicamente legati alla presenza in loco hanno tratto benefici, come la quasi totale eliminazione della carta e la riduzione delle inefficienze».
Che risultati avete ottenuto in termini di sostenibilità ambientale?
«Da anni nessuno dei rifiuti prodotti viene portato in discarica. Ci impegniamo a ridurre le quote di acqua, energia e anidride carbonica, in coerenza con gli obiettivi dell’agenda 2030».
Per migliorare il territorio che vi ospita, avete promosso interventi?
«Con il programma di cittadinanza d’impresa “P&G per l’Italia” contribuiamo a creare un futuro sostenibile. Durante la pandemia operai e impiegati hanno donato denaro, beni e ore di lavoro volontario a Protezione civile, Croce rossa, Banco alimentare e Sant’Egidio per soggetti fragili e anziani. A gennaio abbiamo consegnato arredi per il centro vaccinale di Fiumicino».
Che ruolo ricopre la sede laziale all’interno della società statunitense?
«Siamo famosi per la produzione del fustino del Dash. Meno noto, ma più importante a livello strategico, è il centro di distribuzione che raggiunge il Nord Africa».
La multinazionale che fa detersivi ha messo due donne al vertice di due siti produttivi
Giuliana Farbo La parità di genere credo che nasca dal preconcetto che la donna debba fare una scelta: realizzarsi nel lavoro o nella vita privata. Poche ragazze scelgono indirizzi scientifici alle superiori e all’università