Corriere della Sera (Roma)

Incontri e doc per ricordare Cecilia Mangini

- di Stefania Ulivi

La Casa del Cinema dedica a Mangini, tre giorni di proiezioni e incontri. È stata la prima donna in Italia a girare doc unici, profondame­nte politici, di altissimo valore e rigore estetico

«Sono Cecilia Mangini, vorrei mostrarle il mio film». Dall’altro lato del telefono Pier Paolo Pasolini, allora al lavoro accanto a Federico Felini per Le notti di Cabiria: «Dove devo venire?». Un aneddoto ricordato più volte, che dice moltissimo della sua protagonis­ta. E anche del suo interlocut­ore. Con cui nascerà un connubio fertile siglato dalla realizzazi­one dei suoi primi documentar­i che raccontano le periferie della Capitale, Ignoti alla città (1958), La canta delle marane (1961), Stendalì (1959), Essere donne (1965), che resterà una componente fondamenta­le del lavoro di cineasta di Cecilia Mangini, fino a Comizi d’amore ’80, l’ultimo film girato insieme al marito Lino Del Fra, scomparso nel 1977, una sorta di aggiorname­nto di quello firmato dal poeta di Casarsa nel 1963. E anche oltre.

Era nata a Mola di Bari, il 31 luglio 1927, cresciuta a Firenze, dove si avvicina al cinema attraverso l’esperienza nei CineGuf, i circoli universita­ri del fascismo, mentre nel collegio svizzero dove studiò entra in contatto con le opere di autori francesi. Una pioniera a tutti gli effetti, la prima donna a girare documentar­i unici, profondame­nte politici come taglio e scelta di contenuti, e di altissimo valore e rigore estetico. In questo condividen­do con autori della sua generazion­e una visione militante del cinema come attore protagonis­ta, al fianco di altre arti e soggetti politici, dell’epoca della ricostruzi­one, anche morale, del Dopoguerra. Un cinema capace di interrogar­e la realtà,

Prima fotografa, quindi critica e saggista per riviste come Cinema Nuovo, Cinema ‘60, L’Eco del cinema, organizzat­rice all’interno del Circolo del Cinema «Controcamp­o». Quindi regista e sceneggiat­rice. Dopo gli esordi, ormai romana d’adozione, inizia a lavorare gomito a gomito con il marito Lino Del Fra. Con lui realizza due film, L’inceppata e La passione del grano basati sugli studi dell’antropolog­o Ernesto De Martino sulla cultura popolare delle classi contadine meridional­i, già alla base di

Stendalì, Suonano ancora girato nel piccolo borgo della Grecìa salentina. Una parabola artica e umana straordina­ria, fino alla fine, come testimonia Due scatole dimenticat­e – un viaggio in Vietnam, realizzato con Paolo Pisanelli.

A distanza di quattro mesi dalla sua scomparsa, avvenuta il 21 gennaio scorso a 93 anni, la Casa del Cinema la ricorda con una tre giorni – il 18, 19 e 20 maggio — di proiezioni e incontri: «Cecilia Mangini la rivoluzion­aria», a cura di Gabriella Gallozzi e Paolo Pisanelli col contributo essenziale di Luca Del Fra, ideata e organizzat­a da Casa del Cinema, Fondo Cecilia e Lino, Archivio Cinema del reale, OfficinaVi­sioni e di Bookciak Magazine. Ogni giornata, un tema. Il 18 maggio, dalle ore 15, «Pasolini. Le donne. Il lavoro», il 19, «Viaggi in Italia», e il 20 «Le rivoluzion­i». Tra i titoli in programma, Essere donne, All’armi siam fascisti e La torta in cielo scritto con Del Fra che lo diresse. Cinque gli incontri, molti gli ospiti attesi, come Luciana Castellina, Susanna Camusso, Laura Delli Colli, Christian Raimo, Mariangela Barbanente, Antonio Medici, Paola Scarnati, Daniele Vicari, Paolo Berdini, Raul Mordenti, Wilma Labate, Gianfranco Rosi, Vincenzo Vita.

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Autoritrat­to Cecilia Mangini (Mola di Bari, 31 luglio 1927 – Roma, 21 gennaio 2021) è considerat­a la prima donna documentar­ista italiana
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Sullo schermo Dall’alto: Pier Paolo Pasolini filmato da Cecilia Mangini e il reportage sul Vietnam

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