Corriere della Sera (Roma)

«Ho staccato il cane mentre azzannava la nonna e la nipotina»

Il drammatico racconto del vicino di casa che è intervenut­o quando ha sentito le urla dell’anziana e della bimba di 2 anni

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Non ha mai perso conoscenza. Ha pianto per il dolore e la paura, ma è rimasta sempre vigile. Anche al suo arrivo al Policlinic­o Gemelli, dove un’eliambulan­za dell’Ares 118 l’ha trasportat­a ieri mattina da Anguillara Sabazia dove uno dei due cani dei nonni materni l’ha aggredita all’improvviso mentre era in braccio alla nonna. Un’azione apparentem­ente senza motivo, forse uno scatto di gelosia nei confronti della donna, che accudiva la nipotina nel giardino della villa in via di Monte Pendola. La bimba di due anni è ricoverata in condizioni critiche nel reparto di Terapia intensiva pediatrica: il cane le ha causato profonde ferite alla testa. Così come alla nonna, che ha quasi perso un braccio, salvato con un intervento di micro-chirurgia dai medici del San Camillo dove è ora in osservazio­ne, ma fuori pericolo. «Ha difeso la nipotina con tutte le sue forze», racconta una zia della bambina. Al Gemelli sono accorsi anche i genitori della piccola, insieme con altri familiari. Il nonno, un imprendito­re della zona di Anguillara, è invece rimasto al capezzale della moglie al San Camillo.

«Ho sentito le urla e sono corso subito nella villa, in pratica ho staccato il cane che aveva ancora fra le fauci il braccio della nonna: la stava massacrand­o, se solo fossi arrivato prima…», si dispera Massimo, inquilino di una villetta vicina a quella dei nonni della piccola, che risiedono nel consorzio «Monte Pendola». Un comprensor­io costruito negli anni Novanta sulle colline sul versante sud del lago di Bracciano. Una zona di solito immersa nel silenzio assoluto, che però ieri mattina è stato squarciato dalle grida disperate di nonna e nipotina. Massimo ha salvato due vite ma si rimprovera comunque di essere arrivato tardi. «Ho scavalcato il cancello che separa le nostre case - ricorda ancora –, ma lei e la piccolina erano già ferite, c’era sangue dappertutt­o». «Invece è stato un eroe, chissà come sarebbe andata a finire se non fosse intervenut­o. Perché qui è stato l’inferno», spiega Enrico Maggini, storico amministra­tore del consorzio. Le urla, le

Ricoverate

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Testimoni Rosa e Giovanni Cavalieri (foto Claudio Guaitoli)

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