«Scempio a Villa Chigi»
A inizio novembre ‘23 a Villa Chigi veniva montato un cantiere con squadre di giardinieri, geometri, misuratori di pendenze e livelli, tecnici, ambientalisti, assessori del Municipio, nonché una messe di macchinari, escavatori, macchine movimento terra, ruspe, bagni chimici, container per gli operai: per dar vita, pare, a un gigantesco ripensamento globale del parco, con rifacimento di collinette, recinzioni, aiuole, pendii, aree cani, luoghi di ristoro e quiete per i cittadini. Hanno lavorato indefessamente per giorni fino al tardo pomeriggio, disboscando, ripulendo di conle, tinuo gli spazi con enormi camion che trasportavano detriti, fogliame e alberi ormai morti. Dopo una settimana di lavoro intenso, improvvisamente a fine mese l’abbandono. Di uomini, mezzi e lavori nessuna traccia. Poi, dopo quasi 20 giorni di totale assenza, ricomparivano, a piccoli gruppi, disseminati qua e là, impegnati in piccoli lavori di recinzione, di costruzioni di palizzate per rinforzare nuovi solchi di vialetti e camminatoi. Poi, di nuovo, la scomparsa, fino a inizio gennaio, prima di altri giorni di stop. D’improvviso a metà gennaio una timida, rapida apparizione poi lo stop definitivo. Ora la Villa è abbandonata, disseminata di «pollai» come nella migliore tradizione comunacon palizzate di legno conficcate sulla terra, teloni di plastica qua e là, buche aperte e lasciate lì. Forse la stessa squadra viene chiamata, periodicamente, per svolgere lavori analoghi in altri parchi? Ma ha senso? Ed è logico che si sposti ogni 15-20 giorni da un cantiere all’altro senza aver prima completato un lavoro, peraltro vasto e impegnativo? E, peggio, se non è così, cosa può indurre i responsabili del progetto a intervenire «a singhiozzo» lasciando uno spettacolo di abbandono e incuria? È questo il modo di gestire un progetto, è dignitoso, degno della Capitale? Ci sarà consentito sapere se i lavori «a singhiozzo» sono indispensabili o solo l’ennesima imperdonabile cialtroneria?
Elio Nicolosi