«La mia danza della gioia»
Filarmonica Teatro Olimpico: un nuovo cast per il lavoro creato negli Stati Uniti nel 2012 Daniel Ezralow porta in scena la coreografia «Open» interpretata dai talenti della trasmissione «Amici»
Aperto a quanto di nuovo arriva con i giovani, alla multimedialità, al divertimento. Lo spettacolo del coreografo californiano Daniel Ezralow «Open», torna a Roma con la tournée che fa tappa al Teatro Olimpico da martedì 27 febbraio a domenica 3 marzo.
Ospite della stagione dell’Accademia Filarmonica Romana, lo show arriva con un cast rinnovato, frutto di una selezione dalla factory di «Amici». Sette ballerini giovanissimi, a cui si aggiunge l’albanese Klaudia Pepa, sono sul palco per interpretare brevi quadri, spesso ironici, che formano un inno gioioso alla vita.
Lo spettacolo è nato nel 2012 negli USA. Come si è trovato con questi giovani interpreti italiani?
«Lavorare con i giovani mi piace da morire. Siccome arrivano dal format di Maria De Filippi avrei potuto pensare che erano “solo” ballerini televisivi, tipo soubrettes, invece sono danzatori bravissimi e completi. Ciò che De Filippi ha creato è, in realtà, un sistema che accompagna tanti talenti ad incontrare il mondo del lavoro. Una cosa bella e intelligente».
In Italia pensiamo che il livello di professionalità americano sia un traguardo ambizioso per noi.
«Invece questi ballerini sono stati perfettamente all’altezza, sia per la preparazione che per la disponibilità: hanno tenuto occhi e orecchie aperte. Bisogna capire che Broadway o il West End sono mondi a sé, ma esistono altre grandi produzioni che nascono in Canada o in Cina. Non ha senso fare paragoni. Inoltre dipende solo dal coreografo ciò che i danzatori danno in scena. Quello che io sono in grado di trasmettere loro, fa davvero la differenza. A me ricorda quando gioco con i miei bambini: loro hanno già tutto ciò che serve, il resto devo metterlo io».
Dal 2012 ad oggi: l’inno alla gioia di «Open» le sembra ancora necessario?
«Sempre di più. In realtà lo spettacolo inizia con la frenesia della città: un businessman è stufo e va sulla spiaggia dove trova una sirena tra i rifiuti. In un quadro ci sono delle donne a terra che semplicemente respirano ed è sensuale, in un altro i danzatori sono alberi. È immaginazione, rinascita del corpo, ironia, tematiche ambientali. Le luci sono molto importanti come la musica, che è quella molto conosciuta di Bach, Chopin, Strauss, Debussy e contribuisce a disegnare una parabola della nostra vita che finisce con la gioia».
Lei, che è stato tra i ballerini originari della compagnia Momix e ha fondato la compagnia Iso, dove trova la gioia di danzare dopo tanti anni?
«Nella natura. Vivo a Los Angeles ma in collina, passo tutta l’estate in Norvegia e non sopporto più la città, nemmeno la sua vita culturale che è piena di cose inutili che non servono a nessuno. C’è troppo di tutto. Prendiamo ad esempio “Open”: l’ho ripreso perché funziona, non c’è bisogno di produrre qualcosa di nuovo. Un po’ come la mia vecchia auto che ha 25 anni e va alla grande.
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L’amore per la natura Vivo a Los Angeles ma in collina, passo tutta l’estate in Norvegia e non sopporto più la città
Cosa ce ne facciamo di una nuova Maserati?».
A Roma verrà?
«Certo! Salirò sul palco a fine spettacolo e chiederò al pubblico di raggiungermi. Quanto alla città, che amo come tutta l’Italia, ormai vado solo a Villa Borghese. In bici».
Se le dessero carta bianca per una location romana?
«Villa Borghese. Immaginate uno spettacolo serale nei giardini, tra alberi, luci e danzatori. Che bello sarebbe».