Piperno: «Non andrò mai più alle partite, siamo ostaggio di questa marmaglia nazista»
Il 28 gennaio scorso, dopo gli ignobili fischi alla Shoah venuti dalla curva laziale all’Olimpico, durante la partita tra Lazio e Napoli, un supertifoso biancoceleste, lo scrittore romano Alessandro Piperno, premio Strega 2012, ha scritto una lunga lettera al Corriere della Sera di cui è prestigioso collaboratore. Eccone alcuni stralci: «Non so se è peggio la dabbenaggine ipocrita delle autorità calcistiche che hanno pensato bene di commemorare la memoria della Shoah in quei luoghi franchi, quelle arene che sono gli stadi italiani; o la feccia che durante la partita Lazio-Napoli, assecondando la propria natura empia, razzista e antisemita, ha colto la palla al balzo per dissacrare con fischi e sberleffi un evento tragico che meriterebbe silenzio e raccoglimento».
«Ciò che so - ha aggiunto Piperno - è che dopo trent’anni di stadio non ci metterò mai più piede. E lo dico con dolore perché è sempre stato uno degli innocui piaceri della mia vita. Ma immagino che questo non riguardi voi, solo me. Assai più interessante mi sembra quindi riflettere sul senso del Giorno della Memoria. Sono anni che sostengo che sia il dono più prezioso che le istituzioni abbiano fatto agli antisemiti: il pascolo ideale per ogni buon razzista. La Shoah è una cosa seria. Non merita la bolsa melensaggine con cui ogni anno viene commemorata...».
«È dal 7 ottobre scorso conclude Piperno - che vivo in un perenne stato di angoscia, sia per il pogrom compiuto dai tagliagole di Hamas che per i morti innocenti di Gaza. Mi strazia l’idea che questo pensiero terribile abbia inquinato anche un evento ludico come una partita di calcio. Affinché questo mio sfogo non venga strumentalizzato, tengo a dire che non accuso di certo la squadra che tifo sin dall’infanzia. Lei, esattamente come me e tanti altri tifosi, è ostaggio di questa marmaglia nazista...».